martedì 20 settembre 2016

Provare per credere

Una mamma conosce da vicino, profondamente e carnalmente la rigidità delle sponde del lettino. E la conoscono pure la sua fronte, ormai ergonomica al bordo stondato cui si appoggia/comprime per ore e le sue braccia, esangui dal gomito in giù, quando Creatura vuole manina. 
Una mamma intrattiene spesso un rapporto conflittuale con l'ovetto. Pratico, sì, se non fosse per quei lividi che le procura lungo le gambe quando lo deve trasportare, che neanche a Sparta ne avevano di così variopinti. 
Una mamma di solito ha mal di schiena e non solo per colpa dei due ordigni di cui sopra, lettino e ovetto, ma soprattutto perché Creatura è da cullare, in braccio, sul cuore, con tempo che va dall'allegro, all'andante all'adagio. Un valzer che sconfina a tratti nella mazurca, scandito non tanto dalla resistenza delle ginocchia, dei bicipiti e dalle vertebre, ma dalla vivacità di Creatura. 
Una mamma è sempre a tiro per inzaccherarsi di pappe e/o rigurgiti e/o cacca-pipì, non ha conversazioni lineari, non legge, non mangia un pasto senza doversi interrompere e poi strafogarsi quella pasta che sembra colla e quell'insalata che sembra un agglomerato di alghe. 
Dorme a macchia di leopardo, ha gli occhi stanchi, i capelli arruffati, l'orecchio bionico capace di captare i rumori più lievi ed un termometro incorporato all'angolo della bocca, strumenti questi, che prevedono con precisione balistica, la prossima sfiga che le piomberà sul collo. 
Con un piede culla, con l'altro si regge e con le braccia cucina-stira-stende. 
Quando Creatura cresce è un continuo raccogliere e riordinare giocattoli, cambiare mutande, lavare bavaglini, cercare ciucci, scarpe e diavolerie varie.
Una mamma dice sempre "arrivo - sono qui - dimmi - che c'è - dammi la mano - attenzione alle macchine - aspetta un momento - ti vengo a prendere stasera"...e di fatto, non sa cosa sia il relax. Non lo sa più.
Se si concede uno svago, (spesa, doccia e lavoro non valgono) non si svaga, per niente. Un po' sta in ansia e un po' sta in bestia, perché Creatura è con qualcuno cui bisognerà dire nella migliore delle ipotesi "grazie grazie grazie grazie grazie grazie" e, nella peggiore, "non preoccuparti, poteva succedere anche a me" (maneancheperilcazzo). 
Viva gli asili per questa ed altre ragioni.  
Ma tornando all'isolato svago, lei se lo concede: lo fa per illudersi di aver ancora un'individualità ben distinta. Per intravedere una vita simile a quella che aveva "prima" e a quella che vorrebbe "poi".
Questo per i primi 3 anni di Creatura. 
In fondo, passano in fretta...




lunedì 5 settembre 2016

La gestione della rabbia nei bambini


A partire dai due anni possono manifestarsi nei bambini crisi di rabbia che sconvolgono i genitori perchè mai verificatesi prima . All'improvviso, nel corso della giornata, per le ragioni più svariate e 'pittoresche' (talvolta misteriose e incomprensibili!) dal punto di vista dell'adulto, un bambino fino ad allora tranquillo può trasformarsi in una creatura che urla e strepita. Piange, protesta e si oppone con tutte le sue forze a ogni tentativo di mamma e papà di calmarlo.
Uno scenario che ogni genitore ha ben presente e, spesso, alle prime esplosioni di stizza del bimbo, lascia perplessi. L'adulto fa fatica perché non riesce a comprendere la rabbia di un piccolo che per due anni o più è stato un tesoro e ora si butta per terra e non accetta i confini.
Certo, non è facile per l'adulto affrontare al meglio l'espressione di un'emozione così forte, ma la rabbia è una manifestazione del tutto 'normale', una tappa della crescita di ogni bimbo. A partire dai 2 anni, infatti, spesso per tutto il periodo prescolare, il bimbo è travolto da questi stati di ira.
La 'burrasca' può scoppiare, in modo inaspettato, in qualsiasi luogo e per mille cause diverse: una costruzione che crolla, il peluche scomparso, un 'no' del genitore Come mai accade e cosa significa?
La rabbia è un segnale positivo: il piccolo sta crescendo
Il genitore si sente spiazzato di fronte al figlio che piange disperato e scalpita, tuttavia non c'è motivo di preoccuparsi. È un grande segnale positivo, il bimbo sta crescendo e scopre il proprio io, impara chi è e cosa vuole. Ma per farlo, si trova in uno stato di continua lotta, fa fatica a decidere perché non sa bene cosa vuole davvero.
Il bambino si oppone ma non vivetela come una provocazione nei vostri confronti
Quando iniziano le 'prime scene', l'atteggiamento del bimbo, spesso, risulta molto difficile da accettare per l'adulto. Tanto che c'è chi afferma di non riconoscere più il pargolo che è diventato un piccolo mostro. Molto spesso in queste situazioni possono riattivarsi vissuti del genitore stesso riguardo alla rabbia. Questo complica la gestione del momento, poiché passato e presente si confondono e diviene difficile differenziare uno dall'altro.
Il genitore, però, non dovrebbe viverlo come un attacco da parte del bambino.
La sperimentazione passa attraverso ogni momento della vita quotidiana.
La caparbietà è una caratteristica dell'infanzia, proprio perché il piccolo deve sperimentare la sua autonomia.
Quando scoppia la rabbia, aspettate che passi
Una situazione abbastanza tipica (e frequente), per esempio, che innesca una reazione esplosiva nel bimbo è la 'scomparsa' di un giocattolo a cui tiene molto in quel particolare momento. Ma anche un piccolo incidente mentre gioca può dare adito a una vera 'emergenza'.
Come dovrebbe comportarsi, in questi casi, il genitore?
Quando il bimbo diventa intrattabile, e la rabbia esplode improvvisamente, non ha senso tentare subito di calmarlo e parlargli. Ancora peggio è alzare la voce o intimargli di smetterla.
Occorre invece aspettare che passi e dargli il tempo di passare 'attraverso' e 'dopo' la rabbia.
In genere, comunque, dopo che si è sfogato, il bimbo cerca spontaneamente il genitore e, in questo momento, è importante rassicurarlo, coccolarlo e calmarlo. In base all'età, si può poi discutere e spiegare cosa è successo.
Una volta che si è calmato, si può spiegargli che quella rabbia è possibile metterla in un gioco.
Per esempio, può fare un disegno che rappresenta la sua rabbia e poi può tagliarlo a striscioline. Un'altra proposta è quella di prendere una lattina vuota pulita e invitare il bimbo a urlarci dentro e, poi, a sistemarla in un posto nascosto.
Al supermercato, quando è stanco meglio di no
Un altro tipico momento, che spesso si trasforma in una situazione travolgente, è quello della spesa. Sarebbe meglio non portare il bimbo con sé al supermercato, magari dopo una giornata al nido o alla scuola dell'infanzia perché è già stanco.
Tuttavia, se non è possibile evitarlo, è utile ricorrere a qualche piccolo accorgimento per evitare un'esplosione di rabbia.
Se si porta il bimbo a fare la spesa, è utile affidargli dei compiti e coinvolgerlo nella situazione, per esempio, basta dirgli: 'Scegli tu le arance o le pere oggi!'.
L'inizio della giornata, che sia piacevole!
Anche al mattino, sempre di corsa, quando i bimbi vanno al nido o alla scuola dell'infanzia, la 'tragedia' è dietro l'angolo.
Per evitarla, sarebbe opportuno organizzarsi prima per rendere l'inizio della giornata più piacevole. Basta, per esempio, far trovare al bimbo l'orsetto sulla sedia dove mangia per stupirlo o si può pensare a una piccola sorpresina che lo diverta... In fondo, ai bimbi di questa età, basta poco.
Concordate le regole. Poche ma inviolabili
Capire (e accettare come 'normale') la rabbia del bimbo mantenendo la calma (se il bimbo urla, non serve urlare più di lui) di fronte alla sua improvvisa esplosione è molto importante. Soprattutto quando nasce da un 'incidente' del quotidiano.
Un po' diverso il caso in cui il bimbo si arrabbia per un 'no' del genitore. In alcune situazioni, infatti, il bimbo si 'accende' perché l'adulto ha messo dei paletti. Anche in età prescolare, infatti, non si può fare a meno di definire alcuni limiti. Non possiamo discutere, per esempio, sul fatto che a 2-3 anni non si attraversa la strada da soli. Non è una cosa su cui si può trattare, perché rientra in quelle 'regole' di protezione della vita del bimbo.
In questa fascia d'età, in ogni caso, è opportuno che il bimbo segua al massimo 3-4 regole stabilite insieme da mamma e papà. È fondamentale che entrambi i genitori siano d'accordo, e convinti nel proporre sempre le stesse regole: se non c'è coerenza, il piccolo lo percepisce.
I riti danno sicurezza. Soprattutto per la nanna
La regolarità è una grande risorsa per il bimbo piccolo, lo aiuta ad accettare anche quei momenti della giornata che possono scatenare la sua rabbia. Tipico è il caso della nanna che genera, molto spesso, grandi proteste e rimostranze da parte dei bimbi intorno ai 3 anni. Ma naturalmente, il fatto di andare a letto a un orario adeguato per l'età è una 'regola', non è qualcosa su cui si possa discutere. E, in questo frangente, per esempio, è indispensabile che mamma e papà sostengano la stessa identica posizione.
Io sono una grande sostenitrice dei rituali, è importante dare regolarità al bimbo, mangiare alla stessa ora, andare a letto tutte le sere allo stesso orario... Quando dormono poco, i bimbi sono più irritabili, ma il sonno è la fase finale di una giornata.
Per tutta la famiglia: uno spazio anti stress
Impegni, corse e stress sono una sorta di comune denominatore per (quasi) ogni famiglia. Ogni giornata è spesso una lotta contro il tempo: l'adulto avrebbe bisogno di momenti per rilassarsi. Sarebbe sufficiente stare un attimo calmo sul divano, leggere un libro, ascoltare un po' di musica.
Solitamente, se il genitore è sufficientemente soddisfatto, lo è anche il bimbo. Non possiamo pensare che il bimbo sia un mondo a sè stante: se ha intorno adulti che sanno gestire bene il tempo e sono capaci di rilassarsi, lo sarà di più anche lui.
Un genitore mediamente soddisfatto ha più pazienza e un atteggiamento più coerente verso il figlio. E tutti i bambini hanno bisogno di tempo, amore e libertà e di adulti che hanno voglia di stare con loro.

lunedì 14 marzo 2016

Vuoi diventare il nonno (o parente stretto) ideale?

Di decaloghi, prontuari, suggerimenti, note e promemoria per i parenti dei neo-genitori se ne trovano sempre di nuovi e di sempre più complessi e stratificati. Mi viene da dire che, evidentemente, non ce ne siano abbastanza!

Sarà che quando arriva un bebè la stanchezza, le emozioni, le novità rendono tutti molto suscettibili, che la genitorialità sconvolge la vita, che sempre più si rende necessario comunicare le proprie esigenze senza remore e senza quel "tradizionale" timore reverenziale verso le generazioni che ci precedono, che i genitori novelli vogliono affermare la loro libertà di scegliere e sbagliare autonomamente (non essendo, spesso, dei ragazzini, ma dei collaudati trentenni...oggi funziona così...), emancipandosi per sempre dal famigerato Quarto Comandamento...
Sarà poi, che sempre di meno la società è imperniata sulla vicinanza emotiva tra i "vecchi" ed i "giovani", sull'ascolto, sulla saggezza, sulla condivisione delle competenze acquisiste...sarà che i nonni, i parenti più bersagliati di solito, spesso, non solo non sanno più giocare il ruolo del punto di riferimento, ma più frequentemente si trasformano in mine vaganti che da un momento all'altro possono complicarti la vita, più del nuovo arrivato o della nuova arrivata in casa.
Perché?


Questo è un mistero che non ci è dato conoscere...nemmeno i veggenti di Fatima possono rispondere e spiegare perché i genitori, nel momento in cui sono elevati a rango di "nonni" si trasformino in esseri indefinibili, che non sanno collocarsi tra i due estremi del divenire presenze ossessive o ectoplasmi dalla struttura e dalla solidità inconsistenti.

Resta però un dato reale e concreto: ogni volta che scambio due parole con una neo-mamma o un neo-papà, tempo dieci minuti e spunta fuori il discorso dei nonni e per osmosi, quello dei parenti in generale.
Possibile che un neofita del mondo genitori-figli debba essere più spaventato ed atterrito da ciò che sono diventati o possono potenzialmente diventare i suoi genitori che da quell'esserino urlante in tutto e per tutto dipendente da lui/lei?



Potevo quindi esimermi dal raccogliere tutte le chiacchiere scambiate con gli amici con cui condivido questo strano destino che è essere genitore atterrito dalla bruciante realtà che è il rapportarsi con nonni e parenti inebetiti o peggio galvanizzati!?

Mi sembrava però brutto rivolgere accuse e critiche soltanto agli "altri" e quindi, ho pensato fosse giusto mettere in discussione anche "noi", i neo-genitori di oggi appunto...che tanto amiamo imparare, studiare ed informarci sui bambini, sulla loro psicologia, sul rapporto papà-mamma-bambino, sull'educazione montessoriana, sull'alimentazione sana, sui metodi educativi sperimentali... ma talvolta ci dimentichiamo di essere un po' più umili, tolleranti e tranquilli.
(So che questa cosa verrà biecamente strumentalizzata ed usata contro di me...lo so...pazienza. Scelgo sempre l'onestà, gente...)


Per i neo-genitori:

  1. In primis, se ci sarà qualche malinteso con nonni o parenti (e ci sarà...), chiarite subito il vostro punto di vista, il vostro disappunto. Non serve a nulla, se non ad aumentare la tensione in famiglia, lamentarsi con il partner. Parlate con serenità e fermezza con colui/colei che ha turbato il vostro equilibrio: sarà utile a tutti. Coraggio! Siete adulti ormai (anche se c'è chi vi tratta sempre come un bambino...)
  2. Dopo esservi confrontati ed accordati sullo stile educativo che volete impartire ai vostri figli, restate uniti e convinti. Non lasciatevi influenzare. Se poi vi rendete conto che potete e volete modificare qualcosa, decidetelo insieme ed in separata sede (mai in autonomia!) ed agite di conseguenza.
  3. E' fondamentale condividere con chi interagisce maggiormente con i vostri figli i principi basilari della vostra scelta educativa. I bambini devono poter avere sempre gli stessi riferimenti educativi. Siate molto incisivi in merito a questo e non permettete che vengano messe in discussione le vostre scelte davanti ai bambini. Se ne discute - se proprio si deve - senza i bambini nei paraggi. Restate comunque aperti ad altri punti di vista.
  4. Chiedete e delegate il meno possibile, solo quando è necessario e comunque non affidate ad altri le attività centrali della vostra routine famigliare: portate voi il bambino dal pediatra, a scuola, al parco giochi, in piscina, al ristorante...e scegliete voi i giochi, i vestitini, le attività da svolgere...Siete voi i genitori e cercate di essere presenti e costanti
  5. Non trasformatevi in genitori gelosi e possessivi. Trovate il giusto limite e lasciate un po' di spazio ai nonni, agli zii, ai cugini... anche dal punto di vista affettivo. Se siete stati e siete genitori premurosi, attenti ed affettuosi, non avete nulla da temere. Siate adulti e sicuri delle vostre capacità.
  6. Ricordatevi di ringraziare per l'aiuto ricevuto. Non è ovvio o scontato.
  7. I vostri bambini amano stare con i nonni/gli zii ecc...non privateli di queste presenze...rappresentano la novità, un'evasione, una coccola.
  8. Non confondete il rapporto che voi avete con i vostri genitori con quello che i vostri figli potranno costruire con loro. Non è detto che "i senior" si comportino con i bambini come si sono comportati con voi...nel bene e nel male, date loro modo di esprimersi. C'è sempre tempo per intervenire.




E ora...tocca a voi, nonni e parenti! Ecco che cosa mi sento di dirvi. Spero ne facciate tesoro...

  1. Non improvvisate le visite ed  avvisate del vostro arrivo. E prima di telefonare, mandate un sms...magari i neo-genitori stanno dormendo, attività preziosa e rara con un neonato o un bambino in casa. Se non rispondono al telefono, non sono morti! Richiameranno appena possono.
  2. Date consigli solo se espressamente richiesti. A volte dietro a un consiglio "spontaneo" si legge un disappunto o una critica, soprattutto se li esprimete con fare saccente. E anche quando richiesti, non vi aspettate che vengano accettati ed applicati alla lettera.
  3. Se vi capita di sostenere economicamente i vostri figli, non possedete automaticamente il diritto di imporre la vostra volontà sulle loro scelte di vita.
  4. Se discutete o litigate con i vostri figli, o se avete ricevuto rispostacce o sguardi taglienti da parte loro (spesso causati dalla stanchezza e dallo stress...dall'emotività instabile...ricordatelo!) cercate di fare voi il primo passo per ricucire. Siete o no i più anziani e quindi i più saggi? Potrebbe essere un buon incarico quello di riportare la pace e l'armonia in famiglia...
  5. Non spetta a voi decidere: rispettate le regole stabilite dai vostri figli. Abbiate la compiacenza e l'umiltà di accettare che le linee guida pediatriche, pedagogiche, formative ed in ambito di sicurezza in auto e in casa cambiano di continuo e quindi le vostre nozioni in merito a svezzamento, sonno, allattamento, puericultura... probabilmente ora sono diverse ed è vostro compito adeguarvici. "Ai miei tempi…" è una frase che dovete bandire.
  6. Siate discreti e premurosi con le neo-mamme. Non commentate il loro peso, il loro viso stanco, la loro fragilità ed abbiate qualche premura in più con chi ha subito un parto cesareo...potete dispensare nozioni solo se siete ostetriche, ginecologi, psicologi...e forse nemmeno!
  7. Se volete essere d'aiuto, rimboccatevi le maniche e datevi da fare. Fate la spesa, portate qualcosa di pronto da mangiare, collaborate facendo qualcosa di pratico. Lasciate a mamma, papà e neonato/a il tempo e lo spazio necessari per trovare l'equilibrio famigliare...Se i vostri figli hanno bisogno di lasciare a voi i bambini per qualche ragione, ve lo chiederanno e lo faranno. Fino a quel momento, state in disparte...non irrompete nel loro intimo legame fisico ed emotivo. Non "strappate" dalle braccia dei neo-genitori i bambini per tenerli con voi, per trastullarvi con loro in braccio...non cullateli per ore...I bambini hanno bisogno del contatto fisico con i genitori e quando riposano, devono stare tranquilli nella carrozzina, nella sdraietta...senza che qualcuno li svegli e li destabilizzi senza necessità. 
  8. Chi vi chiede aiuto, inevitabilmente, ripone in voi una grande fiducia. Se vorrete mantenere viva quest’ultima sappiate che è importante non tradirla mai! Attenetevi a ciò che i vostri figli  e rispettivi partners ritengono giusto per i lori figli. Evitate di fare di testa vostra, di infrangere le regole e, soprattutto, non rendete vostri complici i vostri nipoti, insegnando loro a mentire  (“non dirlo alla mamma e al papà..."). I bambini prima o poi raccontano tutto e avrete guadagnato solo una pessima figura...oltre ad aver gettato le basi per una grave frattura! Piuttosto chiedete, in separata sede e con anticipo rispetto all’azione, se potete concedere uno strappo a una regola.
  9. Non si baciano sulla bocca i bambini ed anche i neonati, andrebbero toccati e baciati il meno possibile. 
  10. Dimostrate lo stesso affetto e la stessa disponibilità con tutti i nipotiI nonni dovrebbero dare sempre il buon esempio ed essere guidati da un forte senso di giustizia ed equità.
  11. Non sostituitevi ai genitori, non giocate a fare la mammina o il paparino buoni. Se mamma e papà dicono "no" è NO. E non lasciatevi andare a considerazioni del tipo: "Vuole stare solo con me...Mi chiama mamma...Con voi non mangia perché non gli piace il cibo che gli preparate...Ha fatto questa cosa mentre tu non c’eri...Solo io e lui/lei facciamo questa cosa"... ecc....ecc....Sono frasi-pugnalate da non pronunciare MAI! Feriscono profondamente i neo-genitori e non sono di buon esempio per i bambini che sentendo denigrare i propri genitori, faticheranno a riconoscerne il ruolo ed entreranno in confusione. 
  12. Non colpevolizzate mamma e papà del bambino per l’assenza ad un momento importante nella crescita del piccolo: non essere sempre presenti è già abbastanza frustrante e difficile per loro, senza che glielo ricordiate. Del resto, se ai nonni è chiesto di occuparsi dei nipoti è perché i neo-genitori lavorano o sono impegnati...e questo vale anche quando si lavora per soddisfazione personale e non solo per necessità...(o quando ci si concede un'ora d'aria...): non è una colpa mantenere una vita al di fuori della relazione genitore-figlio ed anche questa è una scelta sulla quale non dovrete esprimervi, non vi compete.
  13. Eventuali attriti o dissapori tra i vostri figli ed i rispettivi coniugi o partners non vi riguardano e non è gradito conoscere la vostra posizione in merito. Intervenendo nella coppia, non aggiusterete le cose, anzi finireste per peggiorarle
  14. Non proiettate la vostra ansia sui neo-genitori: siate nonni positivi, dovreste essere delle figure rassicuranti! Non dei generatori di angoscia. Dovreste conoscere la maggior parte dei problemi perché li avete già vissuti...Possibile che vi perdiate davanti ad un rigurgito di latte o a due linee di febbre?
  15. Condividete il vostro hobby (giardinaggio, disegno...) con vostro nipote. Diventate una figura che può insegnargli qualcosa di diverso dalla scuola o da mamma e papà. Arricchite il suo mondo con qualcosa per cui i suoi genitori non hanno né tempo né esperienza...I vostri figli e i vostri nipoti vi vedranno così come una figura positiva e necessaria.
  16. Lodate i vostri figli ed il loro lavoro svolto come genitori. Dite loro che sono bravi, talvolta!







giovedì 21 gennaio 2016

Regole, disciplina e punizioni...con Amore

Innanzi tutto, mi preme specificare che non credo e nemmeno ambisco a diventare "il genitore perfetto".
Sono un essere umano, con debolezze e limiti, quindi, tra la perfezione (irreale) e l'affidabilità (vera), sceglierò sempre la seconda.
Fatta questa doverosa premessa, tutti sappiamo quanto siano giusti anche alcuni NO a livello educativo...quanto siano, anche questi, atti d'amore e giustizia verso i nostri bambini....e quanto sia difficile affermarli con coerenza e fermezza.

Talvolta, sembra che l'unica cosa che ci rimanga sia la reazione fisica. Lo ammetto, qualche sculacciata "simbolica" l'ho assestata...e anche qualche schiaffo sulle mani...senza per altro sentirmi così soddisfatta o vincente, dopo, anzi.
Certamente, ricevere un colpo fisico è offensivo e paralizzante per il bambino...ma, ammettiamolo, poco efficace. E' un momento traumatico, che spesso reprime un'azione errata o esasperante del bambino, ma inutile al fissare in lui un insegnamento.
Oltre al fatto che per me rappresenti una sconfitta, poiché è uno strumento facile a cui ricorrere, sbrigativo ed alquanto limitato...sono convinta che sappiamo e possiamo fare di meglio! Possibile che non abbiamo altri argomenti? Possibile che quei piccoli mostriciattoli siano più forti di noi e sappiano stimolarci reazioni fisiche e non mediate dalla nostra conoscenza e dalla nostra esperienza di vita?

Intendiamo, per caso, che nostro figlio impari che i problemi si risolvono con la forza fisica?

Talvolta siamo troppo stanchi e troppo nervosi per reperire energie a sufficienza per attuare strategie razionali, lo so. Infatti, le poche volte che ho ricorso alle mani, erano momenti difficili, di stress e stanchezza. Nervi a fior di pelle, poca tolleranza al problema, e sbam! Sculacciata o urlo tonante!
Ma riflettiamo. Se noi siamo stressati e nervosi, possiamo sfogarci sul bambino? Non è meglio capire (e risolvere) che cos'è a renderci così suscettibili e rabbiosi?
Gli adulti siamo noi...ed il bambino, come detto altrove (tag: educazione), ha bisogno di vedere in noi un punto di riferimento, non una persona in preda ad una crisi di nervi.
Insieme alle sberle, metto anche le sfuriate isteriche, gli strattonamenti esagerati, le umiliazioni verbali...lo specifico.
Quando proprio non ne possiamo più, credo sia meglio allontanarsi e, che so, chiudersi in bagno a "cristonare" un momento, sfogarsi con un pianto, prendere a pugni i cuscini....piuttosto che riversare la nostra frustrazione e la nostra impotenza sul bambino.

Ma ricordiamoci sempre di una cosa: siamo esseri umani fallibili e fallaci. Non sempre è facile comprendere i comportamenti dei bambini...i loro reali bisogni...chi si ricorda, non siamo bambini da tanto tempo ormai! 
Quindi, se crediamo di aver esagerato...possiamo chiedere scusa a nostro figlio, non è vietato!





Credo saremo tutti d'accordo nell'affermare che non sia la forza repressiva a generare il rispetto delle regole e l'educazione.
Penso ci riescano meglio la competenza (dal latino: cum- con e petere dirigersi, andare con / insieme). Si può considerare la competenza un far convergere in un medesimo punto, un mirare ad un obiettivo comune, un incontrarsi, un gareggiare con fini migliorativi. Colui che è competente, ovvero colui che ha autorità in un certo ambito, è responsabile, autorizzato, qualificato e quindi abilitato ad agire secondo criteri riconosciuti e coerenti con i valori di un gruppo (famiglia);
la consapevolezza (derivato dal verbo consapere, composto da con- e sapere) denota un fenomeno estremamente intimo e di importanza cardinale. Non è un semplice sapere, bensì una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, dando forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche. La consapevolezza non si può inculcare: in quanto sapere identitario, capace di elevare una persona al di sopra dell'ignoranza, si trasmette con la condotta individuale perpetua. Chi è consapevole non subisce ma può affrontare e rielaborare. Consapevolezze condivise rendono possibile un agire comune;
la comprensione (dal latino: composto di cum- con e prehendere prendere, prendere con). Un contenere che è un includere, un capire che è afferrare e riorganizzare ogni assetto precedente. Comprendere fa sì che la nostra mente acquisisca il peso massimo che può avere e ciò che si comprende si fa proprio, diventa mattone per costruirsi. E la connotazione etimologica ci sottolinea che questo avviene sempre con un mezzo ben preciso - ora l'intelletto, ora il cuore, ora un abbraccio;
e la compassione (dal latino: cum- insieme e patior sofferenza, soffrire insieme). Nei secoli, la parola acquisisce una connotazione quasi dispregiativa, legata alla pietà, alla pena, ma il suo significato originale è nobile e ampio. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell'altro, non un sentimento che va dall'alto in basso, ma a pari livello. E' una comunione intima e profonda, manifestazione di un tipo di amore incondizionato che fa della comunione un fondamento, sia questa in caso di sofferenza, ma anche di gioia vitale, e di entusiasmo.

Noi genitori, dovremmo allenarci a sviluppare queste capacità, questi "poteri magici"!
E se, come spesso accade, è necessario rimproverare nostro figlio, facciamolo in modo corretto e fermo.
CHE COSA ha fatto di sbagliato e che cosa ha causato? "Hai tirato i capelli a tuo fratello e gli hai fatto male".
CAPIAMO le sue motivazioni, ma non per questo le approviamo. “So che non vuoi che usi i tuoi giochi..." - lui si sente compreso, ma il suo comportamento non è comunque quello giusto "...ma non devi fargli la bibi".
SPIEGHIAMO le conseguenze precise del gesto scorretto "Se lo fai ancora, tuo fratello non vorrà più giocare con te".
RIBADIAMO i suoi pregi "Sei stato gentile e divertente fino ad ora..." e DISTRAIAMOLO con una via d'uscita "..se ora sei molto arrabbiato, anzichè tirare i capelli a tuo fratello, puoi sfogarti con il cuscino o soffiare via la rabbia..."

Il rimprovero poi, non deve durare un'eternità. Gerard E. Nelson, psichiatra infantile americano, ha messo a punto “la sgridata da un minuto”: un messaggio di disapprovazione inequivocabile attuato in disparte, toccando o tenendo in braccio il bambino, sino a quando questi non mostra una qualche reazione: una lacrima, un' espressione triste del volto, il labbro tremante...seguito da una fase di rassicurante tenerezza.
All' inizio può risultare difficile, in quanto il genitore, ancora furioso, deve cominciare a rassicurare il bambino e fargli capire che nonostante la marachella, è capace di migliorare...ma pare funzionare. Lui non si isola o non perde concentrazione e dopo un momento di angoscia e rifiuto, sente comunque la presenza affettiva del genitore....quindi, assimila.

E se, come succede molto spesso, un attimo dopo il bambino ci smentisce e torna a pestare il fratello? Ripetiamo tutto da capo, cercando di ricordarci che anche se glielo abbiamo detto mille volte, le regole non fanno parte dei comportamenti innati, ma necessitano di apprendimento, di tempo...


Ora vi lascio a riflettere, in compagnia di una filastrocca tratta dal libro Nella pancia del papà, di Alberto Pellai (Franco Angeli Editore).


Lo schiaffo è una bomba che scoppia in faccia
fa sì che un bambino per sempre taccia.

Fa male alla pelle ma ancor di più
mi affoga nell’ansia e non vengo più su.

Se credi che per riuscire a calmarmi
lo schiaffo ti serve e può fermarmi,
ti dico che invece uno schiaffo è una bomba
che spinge noi bimbi a un silenzio di tomba.

Così non potremo mai più raccontare
che cosa ci aveva fatto arrabbiare.

A volte un capriccio vuol farti capire
che provo qualcosa che non riesco a dire.

Ho poche parole e molti pensieri
per dirti che anch’io ho momenti neri.

Se provo paura, ho il cuore in subbuglioc
a volte qualcosa ti dico e farfuglio, 
ma spesso è più facile per un bambino
star zitto e fare il birichino.

Lo so che non devo farti arrabbiare,
ma a volte non mi so proprio fermare.

Tu mettimi allora in castigo e se puoi,
non darmi mai schiaffi è il patto fra noi.



Fonti:
http://unaparolaalgiorno.it/
http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/17/sfuriata_scientifica_co_0_940117168.shtml