mercoledì 8 ottobre 2014

MUST HAVE: letture consigliate alle mamme (e non)

Inauguriamo una sezione dedicata alla lettura.
Ovviamente, questo post sarà in continuo aggiornamento perchè i libri aiutano a vivere, a crescere, a capire.....ad imparare; e di letture interessanti, utili e fondamentali ce ne sono tante.
Quelli che seguono sono libri che abbiamo letto in prima persona e che vorremmo consigliare. Sono facilmente reperibili on line anche in formato e-book.
Ci farebbe piacere ricevere anche i vostri suggerimenti o le vostre opinioni...

Siamo mamme, siamo donne, siamo uomini, siamo genitori, siamo figli...(ok, diciamo che ci ritroviamo tutti nel nostro essere umani) in costante evoluzione. Non siamo macchine e non siamo eruditi e preparati su tutto.

Ma si può sempre migliorare e cambiare.


In ordine alfabetico, per autore:

  • John Bowlby, psicologo e psicoanalista padre della teoria dell’attaccamento. Focalizza la sua ricerca sugli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e su quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia. Negli anni, prese poi le distanze dalla psicoanalisi tradizionale poiché si basava su anamnesi fatte in età adulta senza concentrarsi in prima battuta sul bambino. 
Una base sicura
I capisaldi della teoria dell'attaccamento sono esposti in questo libro: la centralità assoluta del rapporto madre-bambino, pur riconoscendo l'importanza vitale degli altri rapporti (padre, nonni, zii, fratelli, vicini, ecc.); il peso determinante delle prime esperienze reali e del clima emotivo famigliare; il riconoscimento della persistenza del bisogno di attaccamento durante tutta la vita pronto a farsi più acuto in situazioni emotivamente cariche...



  • Tracy Hogg, infermiera inglese, specializzatasi in puericultura. Ideatrice del metodo E.A.S.Y., che in effetti risulta davvero facile se messo in pratica con serietà. EASY è l'acronimo di Eat (mangia) Activity (attività), Sleep (nanna), You (tu) e rappresenta la routine quotidiana e rassicurante del bambino, il cui unico impedimento è non sapere come comunicare ciò di cui ha bisogno.
Il linguaggio segreto dei neonati
L'autrice risponde alle domande che si pone una coppia di neogenitori, aiutandoli con esempi concreti e storie vere, ad indovinare i desideri del loro bimbo, a interpretarne il linguaggio, distinguendo i diversi tipi di pianto e leggendo i movimenti del corpo. E insegna a costruire un vero rapporto con il piccolo, trasformando ogni evento in un'occasione per conoscersi meglio: l'allattamento, il bagnetto, il massaggio, il sonno.


  • Alba Marcoli, psicologa clinica di formazione analitica, ha avuto una lunga esperienza sia nel campo dell'insegnamento che della psicoterapia. Si occupa da anni di disagio minorile e di problemi della famiglia. 
La rabbia delle mamme
Alba Marcoli affronta con coraggio il grande tabù della maternità: non sempre tutto è rose e fiori. Sentirsi di tanto in tanto stanche, depresse, incomprese, deluse, non all'altezza, e soprattutto arrabbiate, è normale. La lettura di questo libro aiuterà tutte le mamme in crisi a guardare con occhi nuovi, con ottimismo, forza e fiducia, le difficoltà che sembrano insormontabili...e chi vive vicino alle mamme a comprendere i loro contrastanti sentimenti. 

E le mamme chi le aiuta?
Essere genitori è una grandissima gioia ma comporta anche difficoltà, ansie, incertezze sul proprio ruolo educativo perché tanti sono i momenti in cui le tappe evolutive dei figli e i loro cambiamenti possono presentare dei problemi.
Attraverso l'analisi di storie vere, il libro ci mostra come vengono affrontati dai terapeuti i momenti di crisi più comuni e le difficoltà legate invece a condizioni specifiche, come l'adozione, la disabilità, la migrazione, la separazione dei genitori.

Il bambino perduto e ritrovato
C'è un bambino nascosto e spesso perduto in ognuno di noi adulti che può risvegliarsi improvvisamente, senza che ce ne rendiamo conto, condizionandoci nei comportamenti e nelle relazioni affettive importanti, in modo particolare nel rapporto con i nostri figli.
L'autrice, avvalendosi di favole scaturite da reali storie, ci fa prender coscienza su alcuni nostri atteggiamenti, spesso retaggio del fanciullo che siamo stati e di problematiche ancora irrisolte. Ombre del nostro passato che possono interferire nelle scelte e nel modo in cui i nostri bambini affronteranno la vita.

Passaggi di vita
Ciascuno di noi, in ogni fase della propria esistenza, attraversa infiniti momenti di passaggio che segnano grandi o piccole trasformazioni nel nostro modo di vivere: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, dall'adolescenza alla maturità e poi alla mezza età e alla vecchiaia; i cambiamenti di scuola, di lavoro, di ruolo, di relazioni; la perdita di una persona cara, le separazioni.
In questi frangenti dobbiamo affrontare la fatica di «perderci per ritrovarci»: perdere il vecchio equilibrio, costruito per una situazione precedente, per crearne a poco a poco uno nuovo. È come un processo di morte e rinascita, doloroso ma ricco di possibilità inaspettate, che ci porta a scoprire capacità e forze psicologiche finora latenti dentro di noi.

Il bambino arrabbiato
La rabbia infantile cela il più delle volte una situazione di conflitto e di sofferenza psicologica. 
Quando un genitore si trova di fronte a tali manifestazioni spesso si sente in un tunnel: vede che il piccolo sta male ma non riesce a individuare i reali motivi che si nascondono dietro al disagio e all'angoscia del proprio figlio. La rabbia del bambino è spesso uno strumento per esprimere e comunicare altro, dolore, impotenza, paura dell'abbandono. Emozioni e sensazioni che, se fossero trasmesse con altri canali, potrebbero gettare un ponte tra bambini e adulti.
Le favole raccontate nel volume, scaturite da storie reali, offrono importanti spunti per aiutare a comprendere meglio "il bambino arrabbiato", favorendo lo scioglimento di quei nodi che gli impediscono di crescere in armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda.


  • Alice Miller, filosofa e psicanalista. Dopo aver svolto la professione per vent'anni, si è progressivamente distaccata dalle istituzioni e dalle posizioni teoriche e tecniche della psicoanalisi tradizionale, impostando un proprio modo di concepire e di praticare la psicoterapia, per liberare la società della sua ignoranza e dai suoi disturbi che inevitabilmente si riflettono sul singolo e viceversa. E' solo prendendo coscienza di questa dinamica che si può spezzare la catena della violenza, pensa Alice Miller, che consacra la sua opera a questo punto di vista. 
Riprendersi la vita
Uno studio approfondito per scrutare l'enigma nascosto dietro la sofferenza del bambino che ha visto prematuramente soffocata la propria vitalità. Niente è infatti più mortifero del mettere a tacere i propri sentimenti profondi di ribellione contro i maltrattamenti subiti da piccoli. Perché si può forse sopravvivere a un'infanzia di umiliazioni, ma non si può tornare a vivere davvero, riprendendosi l'esistenza, se non dopo aver riconosciuto la rabbia e il dolore di un tempo. Indagando su infanzie celebri o meno celebri, l'autrice ripercorre le tappe degli "omicidi dell'anima" perpetrati su bambini - sempre innocenti e inermi - che saranno poi destinati a riprodurre sofferenze e violenze. E' nel circolo vizioso della violenza, che Alice Miller indica la radice del male, dai fatti di cronaca quotidiana, fino alle guerre e agli eccidi di massa.

La rivolta del corpo
Chi da piccolo è stato maltrattato e abusato dai genitori può amarli solo a patto di rimuovere le proprie autentiche emozioni. E dunque accade spesso che il corpo, rivoltandosi contro la negazione dei traumi infantili irrisolti, si ammali gravemente. In questo libro l'autrice interpreta i messaggi trasmessi dalla malattia e spiega per quale motivo rivivere l'esperienza delle emozioni negate consente di riconoscere la verità di quei messaggi. Un percorso intenso per indicare come uscire dal circolo vizioso dell'autoinganno e rispondere agli appelli del corpo liberandolo dai sintomi.


  • Catia Pugi, pedagogista, psicologa e insegnante AIMI (Associazione Italiana Massaggio Infantile).
Una richiesta di aiuto invisibile e silente
Un sostegno possibile volto a favorire l'interazione madre-bambino che tanta parte occupa nel percorso post-natale, è quello del massaggio infantile. Questo saggio vuole essere uno strumento di informazione per gli operatori sanitari e sociali, gli psicologi, gli insegnanti di massaggio infantile, i genitori etc. 


  • Daniel J. Siegel, professore di Psichiatria all'Università della California, Los Angeles. E' inoltre condirettore del Mindful Awareness Research Center presso la UCLA e direttore esecutivo del Mindsight Institute & Mary Hartzell, psicologa infantile, lavora da più di trent'anni come educatrice con bambini e famiglie a Santa Monica, California.
Errori da non ripetere
"Non avrei mai pensato di avere con i miei figli gli stessi comportamenti che da bambino mi hanno fatto soffrire, eppure mi scopro ad agire esattamente in quel modo". Molti genitori si sentono costretti in modelli di interazione inadeguati e ripetitivi, non compatibili con le relazioni di cura e amore che avevano immaginato per i propri figli. Attraverso una più profonda comprensione delle nostre esperienze passate possiamo però riuscire a liberarci dai comportamenti impulsivi che ci imprigionano nel presente e dare ai nostri bambini felicità e sicurezza emotiva.


  • Daniel Stern, psicoanalista, studioso di psicologia evolutiva. I suoi studi sui processi evolutivi nei bambini rappresentano oggi quanto di più avanzato la ricerca psicologica in questo campo possa offrire. I suoi contributi hanno dimostrato che esiste nel bambino, fin dalle più precoci fasi della vita, la capacità e il bisogno di relazionarsi con la madre invalidando le precedenti teorie che concepivano il neonato come indistinto e incapace di relazione. Il bambino è invece portatore di un emergente senso di sé che andrebbe a strutturarsi e consolidarsi negli anni successivi all’interno della relazione con la madre.
Diario di un bambino
Perché un neonato guarda affascinato la mamma e poi distoglie bruscamente lo sguardo? Che cosa vede quando fissa intensamente un punto luminoso? In che modo capisce poco alla volta di essere 'separato' dal mondo che lo circonda? Tutti i genitori vorrebbero sapere che cosa 'pensa', come vede il mondo, il loro bambino appena nato.
In questo diario immaginario, Stern illumina l'universo incantato e misterioso che tutti abbiamo attraversato, che abbiamo dimenticato e che ci risulta così difficile da riafferrare.

Nascita di una madre.
Il volume, basato sulle testimonianze di giovani mamme, affronta, oltre agli aspetti psicologici della maternità (i sogni sul bambino, il rapporto con il nuovo nato, il senso di responsabilità nei confronti di una nuova vita), temi a essa collegati come la paternità, la nascita prematura, l'adozione.
  
La costellazione materna.
In questo libro l'autore prende in esame i diversi orientamenti attuali nella psicoterapia della coppia madre-bambino. La "costellazione materna" è il costrutto teorico unificante proposto da Stern: ogni donna che diventa madre, e soprattutto alla nascita del primo figlio, viene a trovarsi, da un punto di vista psicologico, in una situazione nuova che orienta i suoi comportamenti e la sua sensibilità, le sue tendenze, i suoi timori e i suoi desideri, rimettendo in gioco le sue fantasie infantili. Osservare la coppia madre-bambino nell'ottica della "costellazione materna" consente una migliore comprensione e una migliore efficacia terapeutica.

    venerdì 3 ottobre 2014

    Inserimento al Nido: un passo difficile per mamma e bimbo

    Il momento dell’inserimento al nido può essere difficile, in particolare per noi genitori. Si tratta del primo serio distacco del bimbo dalla mamma, e del suo primo ingresso in una comunità, contraddistinta da ritmi e regole a volte molto diversi da quelli sperimentati in famiglia.
    Personalmente ho avuto due esperienze di inserimento completamente diverse, e direi quasi opposte. Cinque anni fa, quando fu il turno delle mie gemelle, l’inserimento fu molto tranquillo, non ricordo che le piccole abbiano pianto o si siano disperate, dopo pochi giorni erano felicemente integrate nella nuova realtà del nido, insomma tutto andò liscio come l’olio.
    L’anno scorso toccava invece alla più piccola fare il suo ingresso in comunità, più o meno alla stessa età in cui avevano iniziato le sue sorelle. Memore della bella esperienza con loro mi sono avvicinata al momento del distacco sicura che anche con lei le cose sarebbero andate nello stesso modo. Ma così non è stato. I primi giorni, in cui anche io ero presente al nido, le cose sembravano andare bene, ma appena si è trattato di lasciarla anche solo per un’ora, sono iniziati i pianti disperati ed io, completamente impreparata a questa reazione, sono andata in crisi.
    Ricordo che la sentivo piangere fin dalla strada fuori dall’asilo, urla strazianti che mi facevano sentire in colpa: in fin dei conti non mi aveva chiesto lei di portarla lì, che diritto avevo di decidere per lei, insomma tanti pensieri dettati dall’angoscia che le sue grida generavano in me.
    Dentro di me c’era un conflitto. Sono profondamente convinta della grande opportunità che l’asilo nido rappresenti per i bimbi, credo che sia un’esperienza fondamentale per gettare le basi della loro convivenza sociale, oltre che uno spazio in cui possono sperimentare le proprie capacità ed essere enormemente arricchiti sia in termini di apprendimento di competenze, che a livello emotivo e relazionale. Non ho dubbi su questo. Eppure ero tremendamente angosciata e avrei avuto voglia di tornare indietro, riprendermela e tornare a casa.
    Cosa stava succedendo?
    Riflettendo sul mio stato d’animo, mi sono resa conto che in realtà la mia esperienza di mamma con la mia piccola è stata completamente diversa da quella avuta con le gemelle, fin dall’inizio. Le gemelle sono nate con un taglio cesareo, il legame con loro non è stato immediato, come spesso succede in questi casi, ma si è creato col tempo, imparando pian piano a conoscerci a vicenda.
    Per questioni organizzative, ho condiviso fin da subito l’accudimento delle bimbe con mio marito e con i miei genitori, quindi le gemelle hanno sperimentato fin da subito momenti di distacco da me ed erano abituate alla presenza di altre persone nella loro quotidianità. In ultimo, ma non come importanza, erano in due, fin dall’inizio, hanno sempre condiviso ogni cosa, a partire dal nutrimento nel mio pancione.
    La piccolina di casa, invece, è nata con un meraviglioso parto naturale, fortemente desiderato, è stata subito attaccata al seno ed è sempre stata a contatto con me durante la permanenza in ospedale; in seguito, molto raramente la sua gestione è stata affidata ad altre persone.
    Considerando questo, come poteva la sua esperienza di inserimento essere uguale a quella delle sorelle? Mi sono resa conto che la sua reazione era comprensibile, e che se mi avesse sentita tranquilla nel momento del distacco forse avrebbe potuto affrontarlo più serenamente anche lei.
    Quando si tratta di staccarsi dal proprio bambino, solitamente sono i genitori (e le mamme in particolare) a sperimentare sentimenti di ansia, senso di colpa, inadeguatezza. I bambini, specialmente quando si è instaurato con la mamma un legame particolarmente forte e viscerale, avvertono immediatamente l’agitazione del genitore e questa li spaventa moltissimo, al timore di trovarsi in un ambiente sconosciuto in cui tutto è molto diverso dalla vita in famiglia si aggiunge il timore di essere abbandonati, che la mamma non torni più.

    Ecco quindi alcuni accorgimenti che possono aiutare a rendere il momento del distacco meno traumatico:

    • Avere fiducia nelle persone a cui si è deciso di affrontare il bambino: se la fiducia manca, il piccolo lo avvertirà e non vorrà lasciare la sua mamma;
    • Nonostante l’eventuale presenza di impegni lavorativi che impongono alla mamma di affrettarsi, ritagliare sempre un momento in cui salutare il bambino, senza dilungarsi troppo, ma trasmettendogli affetto e la convinzione che starà bene all’asilo finché la mamma non tornerà a prenderlo;
    • Una volta lasciato il bimbo all’educatrice di riferimento, andare via senza ripensamenti: tornare indietro e riprenderlo in braccio cercando di consolarlo gli trasmette insicurezza e rafforza il suo timore di non poter star bene all’asilo;
    • Non dire bugie al bambino tipo “torno presto, vado a parcheggiare e vengo” o cose del genere, ma raccontargli sempre la verità, cioè che la mamma deve andare a lavorare, ma che tornerà a prenderlo quando avrà finito;
    • Una volta a casa, domandare che cosa ha fatto e sottolineare i momenti positivi della sua permanenza al nido, il divertimento e tutte le cose belle che ha potuto fare lì.
    Dopo un primo periodo di crisi in cui vi verrà voglia di ritornare sui vostri passi e cancellare per sempre dalla vostra mente l’idea di mandarlo al nido, accadrà che un giorno arriverete a prenderlo e avrete l’occasione di vederlo prima che lui si accorga del vostro arrivo. Lo vedrete sereno, giocare e divertirsi con gli altri bimbi e in quel momento saprete che avete fatto la scelta giusta per lui.
    Senza dubbio frequentare il nido sarà per il vostro bambino un’esperienza preziosa, che lo aiuterà a diventare più autonomo e sicuro. Nulla di paragonabile allo stare coi nonni, con una baby sitter e….sì, nemmeno dello stare con voi!