Quando sono diventata mamma non è
stato tutto rose e fiori. Mi sono sentita catapultata di colpo in una
realtà che non conoscevo e che non mi aspettavo. Ora so che la
maternità non si può comprendere fino a che non ci si trova
immerse. Certo, si può immaginare, ma quello che ci si trova in
effetti a vivere è lontano anni luce da ogni previsione.
La nostra società ci propone
attraverso i mass media un'immagine distorta della maternità, in cui
vengono sottolineati (ed esasperati) aspetti quali la gioia, la
totale disponibilità della neomamma, la tenerezza dell'avere tra le
braccia la piccola creatura tanto desiderata.
La maternità, però, non è soltanto
questo. Senza arrivare agli estremi della depressione post partum
(che in ogni caso è molto più frequente di quanto si pensi),
diventare mamma significa anche stanchezza (tanta!), senso di
inadeguatezza, a volte rabbia e senso di impotenza.
Perchè l'immagine di mamma che ci
viene proposta ogni giorno tramite la pubblicità non mostra anche
questi aspetti? E' quasi come se questi aspetti facessero paura, e
per questo venissero negati.
Peccato che quando poi ci si trova
davvero con quel frugoletto piangente tra le braccia, le cose siano
molto, molto diverse dall'immagine che fino a quel momento ci è
stata propinata e che, volenti o nolenti, abbiamo interiorizzato come
la nostra idea di mamma. Una mamma perfetta.
Quando un bambino (o due come nel mio caso) irrompono nella nostra vita cambiandola radicalmente, tutto ci sentiamo fuorchè perfette. Ricordo momenti di profondo sconforto in cui mi sono chiesta perchè mai avevo avuto la malsana idea di volere dei bambini. Momenti terribili in cui sentivo che la mia vita di prima era finita per sempre, che non sarei mai più riuscita a leggere un libro, a cucinare un dolce, a guardare un po' di televisione. Mi sentivo intrappolata in una realtà nuova e destabilizzante, che ancora non avevo imparato a gestire. Vedere pubblicità in cui apparivano mamme dal viso dolce e rilassato, elegantemente vestite, intente ad allattare un bel bimbo che succhiava tranquillo non mi aiutava per niente. Anzi. Mi chiedevo: “Perchè io non sono così?” “Perchè non sono sempre sorridente, non ho sempre voglia di stare con le mie bambine, perchè a volte vorrei scappare lontano da qui?”
Ora so che tutto questo è
assolutamente normale. Allora avrei voluto che qualcuno me lo
dicesse, mi sarei sentita meno inadeguata, meno sbagliata.
Molto tempo dopo la nascita delle
bambine, ho scoperto i meravigliosi lavori di Alba Marcoli, psicologa
clinica milanese, che da più di vent'anni conduce gruppi di lavoro
con genitori ed educatori. In uno dei suoi lavori più recenti, “La
rabbia delle mamme”, la Marcoli affronta il grande tabù della
maternità: sentirsi stanche, depresse, incomprese, deluse, e
soprattutto arrabbiate, non significa essere cattive madri. E'
semplicemente normale.
Una cosa utilissima per le neomamme è
partecipare ad un gruppo in cui potersi confrontare con altre persone
che stanno vivendo le stesse nostre emozioni e difficoltà. Quando si
riesce a condividere il proprio vissuto di solitudine con chi questo
vissuto lo conosce in prima persona proprio perchè lo sta vivendo
sulla sua pelle, cominciamo a sentirci capite, ascoltate, non
giudicate ed aiutate ad andare avanti utilizzando le risorse di cui
disponiamo, che sono diverse per ciascuna, e non quelle ideali,
lontane dalla realtà e che portano inevitabilmente a sentirsi
fallite e mai all'altezza.
Concludo con un estratto da una lettera
scritta da una mamma alla sua bambina, in cui appare chiaramente
quanto i cliché proposti dalla nostra società siano lontani dalla
realtà e quanto dannosi siano per la delicata costruzione del ruolo
di madre.
“Cara bimba mia,
sono spesso una mamma in difficoltà:
la più grande è affrontare la tua rabbia. Il tuo pianto disperato,
le tue urla scomposte, la violenza dei tuoi gesti mi hanno travolto
come un vortice, mi hanno inondato di paura, mi hanno schiacciato
facendomi sentire colpevole...
Colpevole di non riuscire a evitarti
questo uragano che ti pervade, di non essere capace di accettare,
accogliere, elaborare con te l'impegno delle tue emozioni.
[…]
Che distanza abissale tra il mio
immaginario e la realtà della vita di una mamma!
Le mamme delle pubblicità sono
sempre sorridenti, taglia 42, fresche di parrucchiere; non urlano,
non dicono parolacce, non fanno gesti inconsulti.
Mi domando: perchè non aiutare le
mamme vietando alle donne senza occhiaie, troppo pettinate ecc. di
far pubblicità ai pannolini?
Vorrei vedere una mamma un po'
scarmigliata che imbocca il suo bambino e sullo sfondo, non una casa
linda, ma un letto sfatto. Che liberazione!
Meno clichè e meno consigli
gratuiti avrebbero diminuito il mio senso di inadeguatezza, la mia
sensazione di essere una mamma sbagliata.”
Tratto da Alba Marcoli,
“La Rabbia delle Mamme”