lunedì 24 novembre 2014

Gestire la Rabbia dei Bambini

A partire dai due anni possono manifestarsi nei bambini crisi di rabbia che sconvolgono i genitori perchè mai verificatesi prima . All'improvviso, nel corso della giornata, per le ragioni più svariate e 'pittoresche' (talvolta misteriose e incomprensibili!) dal punto di vista dell'adulto, un bambino fino ad allora tranquillo può trasformarsi in una creatura che urla e strepita. Piange, protesta e si oppone con tutte le sue forze a ogni tentativo di mamma e papà di calmarlo.
Uno scenario che ogni genitore ha ben presente e, spesso, alle prime esplosioni di stizza del bimbo, lascia perplessi. L'adulto fa fatica perché non riesce a comprendere la rabbia di un piccolo che per due anni o più è stato un tesoro e ora si butta per terra e non accetta i confini.
Certo, non è facile per l'adulto affrontare al meglio l'espressione di un'emozione così forte, ma la rabbia è una manifestazione del tutto 'normale', una tappa della crescita di ogni bimbo. A partire dai 2 anni, infatti, spesso per tutto il periodo prescolare, il bimbo è travolto da questi stati di ira.
La 'burrasca' può scoppiare, in modo inaspettato, in qualsiasi luogo e per mille cause diverse: una costruzione che crolla, il peluche scomparso, un 'no' del genitore Come mai accade e cosa significa?
La rabbia è un segnale positivo: il piccolo sta crescendo
Il genitore si sente spiazzato di fronte al figlio che piange disperato e scalpita, tuttavia non c'è motivo di preoccuparsi. È un grande segnale positivo, il bimbo sta crescendo e scopre il proprio io, impara chi è e cosa vuole. Ma per farlo, si trova in uno stato di continua lotta, fa fatica a decidere perché non sa bene cosa vuole davvero.
Il bambino si oppone ma non vivetela come una provocazione nei vostri confronti
Quando iniziano le 'prime scene', l'atteggiamento del bimbo, spesso, risulta molto difficile da accettare per l'adulto. Tanto che c'è chi afferma di non riconoscere più il pargolo che è diventato un piccolo mostro. Molto spesso in queste situazioni possono riattivarsi vissuti del genitore stesso riguardo alla rabbia. Questo complica la gestione del momento, poiché passato e presente si confondono e diviene difficile differenziare uno dall'altro.
Il genitore, però, non dovrebbe viverlo come un attacco da parte del bambino.
La sperimentazione passa attraverso ogni momento della vita quotidiana.
La caparbietà è una caratteristica dell'infanzia, proprio perché il piccolo deve sperimentare la sua autonomia.
Quando scoppia la rabbia, aspettate che passi
Una situazione abbastanza tipica (e frequente), per esempio, che innesca una reazione esplosiva nel bimbo è la 'scomparsa' di un giocattolo a cui tiene molto in quel particolare momento. Ma anche un piccolo incidente mentre gioca può dare adito a una vera 'emergenza'.
Come dovrebbe comportarsi, in questi casi, il genitore?
Quando il bimbo diventa intrattabile, e la rabbia esplode improvvisamente, non ha senso tentare subito di calmarlo e parlargli. Ancora peggio è alzare la voce o intimargli di smetterla.
Occorre invece aspettare che passi e dargli il tempo di passare 'attraverso' e 'dopo' la rabbia.
In genere, comunque, dopo che si è sfogato, il bimbo cerca spontaneamente il genitore e, in questo momento, è importante rassicurarlo, coccolarlo e calmarlo. In base all'età, si può poi discutere e spiegare cosa è successo.
Una volta che si è calmato, si può spiegargli che quella rabbia è possibile metterla in un gioco.
Per esempio, può fare un disegno che rappresenta la sua rabbia e poi può tagliarlo a striscioline. Un'altra proposta è quella di prendere una lattina vuota pulita e invitare il bimbo a urlarci dentro e, poi, a sistemarla in un posto nascosto.
Al supermercato, quando è stanco meglio di no
Un altro tipico momento, che spesso si trasforma in una situazione travolgente, è quello della spesa. Sarebbe meglio non portare il bimbo con sé al supermercato, magari dopo una giornata al nido o alla scuola dell'infanzia perché è già stanco.
Tuttavia, se non è possibile evitarlo, è utile ricorrere a qualche piccolo accorgimento per evitare un'esplosione di rabbia.
Se si porta il bimbo a fare la spesa, è utile affidargli dei compiti e coinvolgerlo nella situazione, per esempio, basta dirgli: 'Scegli tu le arance o le pere oggi!'.
L'inizio della giornata, che sia piacevole!
Anche al mattino, sempre di corsa, quando i bimbi vanno al nido o alla scuola dell'infanzia, la 'tragedia' è dietro l'angolo.
Per evitarla, sarebbe opportuno organizzarsi prima per rendere l'inizio della giornata più piacevole. Basta, per esempio, far trovare al bimbo l'orsetto sulla sedia dove mangia per stupirlo o si può pensare a una piccola sorpresina che lo diverta... In fondo, ai bimbi di questa età, basta poco.
Concordate le regole. Poche ma inviolabili
Capire (e accettare come 'normale') la rabbia del bimbo mantenendo la calma (se il bimbo urla, non serve urlare più di lui) di fronte alla sua improvvisa esplosione è molto importante. Soprattutto quando nasce da un 'incidente' del quotidiano.
Un po' diverso il caso in cui il bimbo si arrabbia per un 'no' del genitore. In alcune situazioni, infatti, il bimbo si 'accende' perché l'adulto ha messo dei paletti. Anche in età prescolare, infatti, non si può fare a meno di definire alcuni limiti. Non possiamo discutere, per esempio, sul fatto che a 2-3 anni non si attraversa la strada da soli. Non è una cosa su cui si può trattare, perché rientra in quelle 'regole' di protezione della vita del bimbo.
In questa fascia d'età, in ogni caso, è opportuno che il bimbo segua al massimo 3-4 regole stabilite insieme da mamma e papà. È fondamentale che entrambi i genitori siano d'accordo, e convinti nel proporre sempre le stesse regole: se non c'è coerenza, il piccolo lo percepisce.
I riti danno sicurezza. Soprattutto per la nanna
La regolarità è una grande risorsa per il bimbo piccolo, lo aiuta ad accettare anche quei momenti della giornata che possono scatenare la sua rabbia. Tipico è il caso della nanna che genera, molto spesso, grandi proteste e rimostranze da parte dei bimbi intorno ai 3 anni. Ma naturalmente, il fatto di andare a letto a un orario adeguato per l'età è una 'regola', non è qualcosa su cui si possa discutere. E, in questo frangente, per esempio, è indispensabile che mamma e papà sostengano la stessa identica posizione.
Io sono una grande sostenitrice dei rituali, è importante dare regolarità al bimbo, mangiare alla stessa ora, andare a letto tutte le sere allo stesso orario... Quando dormono poco, i bimbi sono più irritabili, ma il sonno è la fase finale di una giornata.
Per tutta la famiglia: uno spazio anti stress
Impegni, corse e stress sono una sorta di comune denominatore per (quasi) ogni famiglia. Ogni giornata è spesso una lotta contro il tempo: l'adulto avrebbe bisogno di momenti per rilassarsi. Sarebbe sufficiente stare un attimo calmo sul divano, leggere un libro, ascoltare un po' di musica.
Solitamente, se il genitore è sufficientemente soddisfatto, lo è anche il bimbo. Non possiamo pensare che il bimbo sia un mondo a sè stante: se ha intorno adulti che sanno gestire bene il tempo e sono capaci di rilassarsi, lo sarà di più anche lui.
Un genitore mediamente soddisfatto ha più pazienza e un atteggiamento più coerente verso il figlio. E tutti i bambini hanno bisogno di tempo, amore e libertà e di adulti che hanno voglia di stare con loro.

mercoledì 8 ottobre 2014

MUST HAVE: letture consigliate alle mamme (e non)

Inauguriamo una sezione dedicata alla lettura.
Ovviamente, questo post sarà in continuo aggiornamento perchè i libri aiutano a vivere, a crescere, a capire.....ad imparare; e di letture interessanti, utili e fondamentali ce ne sono tante.
Quelli che seguono sono libri che abbiamo letto in prima persona e che vorremmo consigliare. Sono facilmente reperibili on line anche in formato e-book.
Ci farebbe piacere ricevere anche i vostri suggerimenti o le vostre opinioni...

Siamo mamme, siamo donne, siamo uomini, siamo genitori, siamo figli...(ok, diciamo che ci ritroviamo tutti nel nostro essere umani) in costante evoluzione. Non siamo macchine e non siamo eruditi e preparati su tutto.

Ma si può sempre migliorare e cambiare.


In ordine alfabetico, per autore:

  • John Bowlby, psicologo e psicoanalista padre della teoria dell’attaccamento. Focalizza la sua ricerca sugli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e su quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia. Negli anni, prese poi le distanze dalla psicoanalisi tradizionale poiché si basava su anamnesi fatte in età adulta senza concentrarsi in prima battuta sul bambino. 
Una base sicura
I capisaldi della teoria dell'attaccamento sono esposti in questo libro: la centralità assoluta del rapporto madre-bambino, pur riconoscendo l'importanza vitale degli altri rapporti (padre, nonni, zii, fratelli, vicini, ecc.); il peso determinante delle prime esperienze reali e del clima emotivo famigliare; il riconoscimento della persistenza del bisogno di attaccamento durante tutta la vita pronto a farsi più acuto in situazioni emotivamente cariche...



  • Tracy Hogg, infermiera inglese, specializzatasi in puericultura. Ideatrice del metodo E.A.S.Y., che in effetti risulta davvero facile se messo in pratica con serietà. EASY è l'acronimo di Eat (mangia) Activity (attività), Sleep (nanna), You (tu) e rappresenta la routine quotidiana e rassicurante del bambino, il cui unico impedimento è non sapere come comunicare ciò di cui ha bisogno.
Il linguaggio segreto dei neonati
L'autrice risponde alle domande che si pone una coppia di neogenitori, aiutandoli con esempi concreti e storie vere, ad indovinare i desideri del loro bimbo, a interpretarne il linguaggio, distinguendo i diversi tipi di pianto e leggendo i movimenti del corpo. E insegna a costruire un vero rapporto con il piccolo, trasformando ogni evento in un'occasione per conoscersi meglio: l'allattamento, il bagnetto, il massaggio, il sonno.


  • Alba Marcoli, psicologa clinica di formazione analitica, ha avuto una lunga esperienza sia nel campo dell'insegnamento che della psicoterapia. Si occupa da anni di disagio minorile e di problemi della famiglia. 
La rabbia delle mamme
Alba Marcoli affronta con coraggio il grande tabù della maternità: non sempre tutto è rose e fiori. Sentirsi di tanto in tanto stanche, depresse, incomprese, deluse, non all'altezza, e soprattutto arrabbiate, è normale. La lettura di questo libro aiuterà tutte le mamme in crisi a guardare con occhi nuovi, con ottimismo, forza e fiducia, le difficoltà che sembrano insormontabili...e chi vive vicino alle mamme a comprendere i loro contrastanti sentimenti. 

E le mamme chi le aiuta?
Essere genitori è una grandissima gioia ma comporta anche difficoltà, ansie, incertezze sul proprio ruolo educativo perché tanti sono i momenti in cui le tappe evolutive dei figli e i loro cambiamenti possono presentare dei problemi.
Attraverso l'analisi di storie vere, il libro ci mostra come vengono affrontati dai terapeuti i momenti di crisi più comuni e le difficoltà legate invece a condizioni specifiche, come l'adozione, la disabilità, la migrazione, la separazione dei genitori.

Il bambino perduto e ritrovato
C'è un bambino nascosto e spesso perduto in ognuno di noi adulti che può risvegliarsi improvvisamente, senza che ce ne rendiamo conto, condizionandoci nei comportamenti e nelle relazioni affettive importanti, in modo particolare nel rapporto con i nostri figli.
L'autrice, avvalendosi di favole scaturite da reali storie, ci fa prender coscienza su alcuni nostri atteggiamenti, spesso retaggio del fanciullo che siamo stati e di problematiche ancora irrisolte. Ombre del nostro passato che possono interferire nelle scelte e nel modo in cui i nostri bambini affronteranno la vita.

Passaggi di vita
Ciascuno di noi, in ogni fase della propria esistenza, attraversa infiniti momenti di passaggio che segnano grandi o piccole trasformazioni nel nostro modo di vivere: il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, dall'adolescenza alla maturità e poi alla mezza età e alla vecchiaia; i cambiamenti di scuola, di lavoro, di ruolo, di relazioni; la perdita di una persona cara, le separazioni.
In questi frangenti dobbiamo affrontare la fatica di «perderci per ritrovarci»: perdere il vecchio equilibrio, costruito per una situazione precedente, per crearne a poco a poco uno nuovo. È come un processo di morte e rinascita, doloroso ma ricco di possibilità inaspettate, che ci porta a scoprire capacità e forze psicologiche finora latenti dentro di noi.

Il bambino arrabbiato
La rabbia infantile cela il più delle volte una situazione di conflitto e di sofferenza psicologica. 
Quando un genitore si trova di fronte a tali manifestazioni spesso si sente in un tunnel: vede che il piccolo sta male ma non riesce a individuare i reali motivi che si nascondono dietro al disagio e all'angoscia del proprio figlio. La rabbia del bambino è spesso uno strumento per esprimere e comunicare altro, dolore, impotenza, paura dell'abbandono. Emozioni e sensazioni che, se fossero trasmesse con altri canali, potrebbero gettare un ponte tra bambini e adulti.
Le favole raccontate nel volume, scaturite da storie reali, offrono importanti spunti per aiutare a comprendere meglio "il bambino arrabbiato", favorendo lo scioglimento di quei nodi che gli impediscono di crescere in armonia con se stesso e con il mondo che lo circonda.


  • Alice Miller, filosofa e psicanalista. Dopo aver svolto la professione per vent'anni, si è progressivamente distaccata dalle istituzioni e dalle posizioni teoriche e tecniche della psicoanalisi tradizionale, impostando un proprio modo di concepire e di praticare la psicoterapia, per liberare la società della sua ignoranza e dai suoi disturbi che inevitabilmente si riflettono sul singolo e viceversa. E' solo prendendo coscienza di questa dinamica che si può spezzare la catena della violenza, pensa Alice Miller, che consacra la sua opera a questo punto di vista. 
Riprendersi la vita
Uno studio approfondito per scrutare l'enigma nascosto dietro la sofferenza del bambino che ha visto prematuramente soffocata la propria vitalità. Niente è infatti più mortifero del mettere a tacere i propri sentimenti profondi di ribellione contro i maltrattamenti subiti da piccoli. Perché si può forse sopravvivere a un'infanzia di umiliazioni, ma non si può tornare a vivere davvero, riprendendosi l'esistenza, se non dopo aver riconosciuto la rabbia e il dolore di un tempo. Indagando su infanzie celebri o meno celebri, l'autrice ripercorre le tappe degli "omicidi dell'anima" perpetrati su bambini - sempre innocenti e inermi - che saranno poi destinati a riprodurre sofferenze e violenze. E' nel circolo vizioso della violenza, che Alice Miller indica la radice del male, dai fatti di cronaca quotidiana, fino alle guerre e agli eccidi di massa.

La rivolta del corpo
Chi da piccolo è stato maltrattato e abusato dai genitori può amarli solo a patto di rimuovere le proprie autentiche emozioni. E dunque accade spesso che il corpo, rivoltandosi contro la negazione dei traumi infantili irrisolti, si ammali gravemente. In questo libro l'autrice interpreta i messaggi trasmessi dalla malattia e spiega per quale motivo rivivere l'esperienza delle emozioni negate consente di riconoscere la verità di quei messaggi. Un percorso intenso per indicare come uscire dal circolo vizioso dell'autoinganno e rispondere agli appelli del corpo liberandolo dai sintomi.


  • Catia Pugi, pedagogista, psicologa e insegnante AIMI (Associazione Italiana Massaggio Infantile).
Una richiesta di aiuto invisibile e silente
Un sostegno possibile volto a favorire l'interazione madre-bambino che tanta parte occupa nel percorso post-natale, è quello del massaggio infantile. Questo saggio vuole essere uno strumento di informazione per gli operatori sanitari e sociali, gli psicologi, gli insegnanti di massaggio infantile, i genitori etc. 


  • Daniel J. Siegel, professore di Psichiatria all'Università della California, Los Angeles. E' inoltre condirettore del Mindful Awareness Research Center presso la UCLA e direttore esecutivo del Mindsight Institute & Mary Hartzell, psicologa infantile, lavora da più di trent'anni come educatrice con bambini e famiglie a Santa Monica, California.
Errori da non ripetere
"Non avrei mai pensato di avere con i miei figli gli stessi comportamenti che da bambino mi hanno fatto soffrire, eppure mi scopro ad agire esattamente in quel modo". Molti genitori si sentono costretti in modelli di interazione inadeguati e ripetitivi, non compatibili con le relazioni di cura e amore che avevano immaginato per i propri figli. Attraverso una più profonda comprensione delle nostre esperienze passate possiamo però riuscire a liberarci dai comportamenti impulsivi che ci imprigionano nel presente e dare ai nostri bambini felicità e sicurezza emotiva.


  • Daniel Stern, psicoanalista, studioso di psicologia evolutiva. I suoi studi sui processi evolutivi nei bambini rappresentano oggi quanto di più avanzato la ricerca psicologica in questo campo possa offrire. I suoi contributi hanno dimostrato che esiste nel bambino, fin dalle più precoci fasi della vita, la capacità e il bisogno di relazionarsi con la madre invalidando le precedenti teorie che concepivano il neonato come indistinto e incapace di relazione. Il bambino è invece portatore di un emergente senso di sé che andrebbe a strutturarsi e consolidarsi negli anni successivi all’interno della relazione con la madre.
Diario di un bambino
Perché un neonato guarda affascinato la mamma e poi distoglie bruscamente lo sguardo? Che cosa vede quando fissa intensamente un punto luminoso? In che modo capisce poco alla volta di essere 'separato' dal mondo che lo circonda? Tutti i genitori vorrebbero sapere che cosa 'pensa', come vede il mondo, il loro bambino appena nato.
In questo diario immaginario, Stern illumina l'universo incantato e misterioso che tutti abbiamo attraversato, che abbiamo dimenticato e che ci risulta così difficile da riafferrare.

Nascita di una madre.
Il volume, basato sulle testimonianze di giovani mamme, affronta, oltre agli aspetti psicologici della maternità (i sogni sul bambino, il rapporto con il nuovo nato, il senso di responsabilità nei confronti di una nuova vita), temi a essa collegati come la paternità, la nascita prematura, l'adozione.
  
La costellazione materna.
In questo libro l'autore prende in esame i diversi orientamenti attuali nella psicoterapia della coppia madre-bambino. La "costellazione materna" è il costrutto teorico unificante proposto da Stern: ogni donna che diventa madre, e soprattutto alla nascita del primo figlio, viene a trovarsi, da un punto di vista psicologico, in una situazione nuova che orienta i suoi comportamenti e la sua sensibilità, le sue tendenze, i suoi timori e i suoi desideri, rimettendo in gioco le sue fantasie infantili. Osservare la coppia madre-bambino nell'ottica della "costellazione materna" consente una migliore comprensione e una migliore efficacia terapeutica.

    venerdì 3 ottobre 2014

    Inserimento al Nido: un passo difficile per mamma e bimbo

    Il momento dell’inserimento al nido può essere difficile, in particolare per noi genitori. Si tratta del primo serio distacco del bimbo dalla mamma, e del suo primo ingresso in una comunità, contraddistinta da ritmi e regole a volte molto diversi da quelli sperimentati in famiglia.
    Personalmente ho avuto due esperienze di inserimento completamente diverse, e direi quasi opposte. Cinque anni fa, quando fu il turno delle mie gemelle, l’inserimento fu molto tranquillo, non ricordo che le piccole abbiano pianto o si siano disperate, dopo pochi giorni erano felicemente integrate nella nuova realtà del nido, insomma tutto andò liscio come l’olio.
    L’anno scorso toccava invece alla più piccola fare il suo ingresso in comunità, più o meno alla stessa età in cui avevano iniziato le sue sorelle. Memore della bella esperienza con loro mi sono avvicinata al momento del distacco sicura che anche con lei le cose sarebbero andate nello stesso modo. Ma così non è stato. I primi giorni, in cui anche io ero presente al nido, le cose sembravano andare bene, ma appena si è trattato di lasciarla anche solo per un’ora, sono iniziati i pianti disperati ed io, completamente impreparata a questa reazione, sono andata in crisi.
    Ricordo che la sentivo piangere fin dalla strada fuori dall’asilo, urla strazianti che mi facevano sentire in colpa: in fin dei conti non mi aveva chiesto lei di portarla lì, che diritto avevo di decidere per lei, insomma tanti pensieri dettati dall’angoscia che le sue grida generavano in me.
    Dentro di me c’era un conflitto. Sono profondamente convinta della grande opportunità che l’asilo nido rappresenti per i bimbi, credo che sia un’esperienza fondamentale per gettare le basi della loro convivenza sociale, oltre che uno spazio in cui possono sperimentare le proprie capacità ed essere enormemente arricchiti sia in termini di apprendimento di competenze, che a livello emotivo e relazionale. Non ho dubbi su questo. Eppure ero tremendamente angosciata e avrei avuto voglia di tornare indietro, riprendermela e tornare a casa.
    Cosa stava succedendo?
    Riflettendo sul mio stato d’animo, mi sono resa conto che in realtà la mia esperienza di mamma con la mia piccola è stata completamente diversa da quella avuta con le gemelle, fin dall’inizio. Le gemelle sono nate con un taglio cesareo, il legame con loro non è stato immediato, come spesso succede in questi casi, ma si è creato col tempo, imparando pian piano a conoscerci a vicenda.
    Per questioni organizzative, ho condiviso fin da subito l’accudimento delle bimbe con mio marito e con i miei genitori, quindi le gemelle hanno sperimentato fin da subito momenti di distacco da me ed erano abituate alla presenza di altre persone nella loro quotidianità. In ultimo, ma non come importanza, erano in due, fin dall’inizio, hanno sempre condiviso ogni cosa, a partire dal nutrimento nel mio pancione.
    La piccolina di casa, invece, è nata con un meraviglioso parto naturale, fortemente desiderato, è stata subito attaccata al seno ed è sempre stata a contatto con me durante la permanenza in ospedale; in seguito, molto raramente la sua gestione è stata affidata ad altre persone.
    Considerando questo, come poteva la sua esperienza di inserimento essere uguale a quella delle sorelle? Mi sono resa conto che la sua reazione era comprensibile, e che se mi avesse sentita tranquilla nel momento del distacco forse avrebbe potuto affrontarlo più serenamente anche lei.
    Quando si tratta di staccarsi dal proprio bambino, solitamente sono i genitori (e le mamme in particolare) a sperimentare sentimenti di ansia, senso di colpa, inadeguatezza. I bambini, specialmente quando si è instaurato con la mamma un legame particolarmente forte e viscerale, avvertono immediatamente l’agitazione del genitore e questa li spaventa moltissimo, al timore di trovarsi in un ambiente sconosciuto in cui tutto è molto diverso dalla vita in famiglia si aggiunge il timore di essere abbandonati, che la mamma non torni più.

    Ecco quindi alcuni accorgimenti che possono aiutare a rendere il momento del distacco meno traumatico:

    • Avere fiducia nelle persone a cui si è deciso di affrontare il bambino: se la fiducia manca, il piccolo lo avvertirà e non vorrà lasciare la sua mamma;
    • Nonostante l’eventuale presenza di impegni lavorativi che impongono alla mamma di affrettarsi, ritagliare sempre un momento in cui salutare il bambino, senza dilungarsi troppo, ma trasmettendogli affetto e la convinzione che starà bene all’asilo finché la mamma non tornerà a prenderlo;
    • Una volta lasciato il bimbo all’educatrice di riferimento, andare via senza ripensamenti: tornare indietro e riprenderlo in braccio cercando di consolarlo gli trasmette insicurezza e rafforza il suo timore di non poter star bene all’asilo;
    • Non dire bugie al bambino tipo “torno presto, vado a parcheggiare e vengo” o cose del genere, ma raccontargli sempre la verità, cioè che la mamma deve andare a lavorare, ma che tornerà a prenderlo quando avrà finito;
    • Una volta a casa, domandare che cosa ha fatto e sottolineare i momenti positivi della sua permanenza al nido, il divertimento e tutte le cose belle che ha potuto fare lì.
    Dopo un primo periodo di crisi in cui vi verrà voglia di ritornare sui vostri passi e cancellare per sempre dalla vostra mente l’idea di mandarlo al nido, accadrà che un giorno arriverete a prenderlo e avrete l’occasione di vederlo prima che lui si accorga del vostro arrivo. Lo vedrete sereno, giocare e divertirsi con gli altri bimbi e in quel momento saprete che avete fatto la scelta giusta per lui.
    Senza dubbio frequentare il nido sarà per il vostro bambino un’esperienza preziosa, che lo aiuterà a diventare più autonomo e sicuro. Nulla di paragonabile allo stare coi nonni, con una baby sitter e….sì, nemmeno dello stare con voi!

    venerdì 25 luglio 2014

    Da quando sono anche una mamma....

    ...dormo come i gatti, con un orecchio sempre teso, e scatto in piedi, non appena il mio piccolo si lamenta;
    ...faccio la doccia, shampoo e balsamo compresi, in 5/7 minuti;
    ...non mi preparo mai con calma per uscire;
    ...ho sempre due o tre borse colme di giochi, cambi, barattolini con me;
    ...ho un ciuccio, oltre ad un rossetto, nella borsa;
    ...dondolo sul posto anche se non sto cullando nessuno;
    ...ho un nuovo amico: il mal di schiena;
    ...la mente ragiona come se stessi giocando a scacchi: valuta con largo anticipo le mosse;
    ...non manca mai la scorta in dispensa;
    ...ho rispolverato filastrocche, canzoncine, sigle, ninna nanne, versetti e faccine buffi;
    ...non pranzo e non ceno senza che qualche portata si freddi nel piatto, e se è una portata fredda, senza che si secchi;
    ...non penso più al singolare;
    ...il tempo per me è poco e a frammenti;
    ...la parola "amore" ha assunto un significato assoluto;
    ...le cose più semplici, viste fare o dire per la prima volta, mi commuovono;
    ...la routine ha acquisito un valore positivo;
    ...vivo picchi di gioia purissima;
    ...ho scoperto di aver sposato un uomo che è anche un dolcissimo papà;
    ...so che cosa significa "sacrificarsi volentieri";
    ...la vita è più ricca ed intensa;
    ...le emozioni non mancano;
    ...sono diventata un po' medico ed un po' sciamano;
    ...passo l'aspirapolvere tutti i giorni;
    ...conosco i numerosi usi dell'amuchina;
    ...non so più che cosa significhi avere una casa in ordine per più di 2 ore;
    ...ho le ginocchia livide, perchè sto a gattoni a giocare;
    ...cucino di più e mangio di meno;
    ...faccio la spesa trasformandomi in Speedy Gonzales;
    ...concedersi qualche ora di relax in piscina è un sogno lontano;
    ...andare dall'estetista o dal parrucchiere è un'impresa epica;

    ...so che questa lista di cambiamenti non smetterà mai di aggiornarsi

    Cristina, mamma di Stefano Bubu

    venerdì 11 aprile 2014

    Che tipo di "figura di accudimento" siamo per i nostri figli?

    ATTACCAMENTO: 
    Propensione innata a cercare la vicinanza protettiva di un membro della propria specie quando si è vulnerabili ai pericoli ambientali per fatica, dolore,impotenza o malattia. (Bowlby,1969)


    La "figura di accudimento" o "caregiver" è il genitore, di solito la madre, cui il bambino si "attacca" durante la prima infanzia.
    La sicurezza d'attaccamento si definisce in base alla sensibilità ed alla disponibilità del caregiver e quindi andrà a costituire la formazione di modelli operativi interni, che condizioneranno i comportamenti futuri (relazioni). 

    La costituzione di un attaccamento sano e di una fiducia di base, dipende dalla presenza e dalla capacità di rispondere dei genitori ai segnali ed ai bisogni del bambino.

    Con la crescita, l'attaccamento che si viene a formare tramite la relazione materna primaria o con un "caregiver di riferimento", si modifica e si estende ad altre figure, sia interne che esterne alla famiglia, fino a scomparire: nell'adolescenza e nella fase adulta il soggetto avrà maturato la capacità di separarsi dal caregiver primario e legarsi a nuove figure di attaccamento.


    Negli adulti, come nei bambini, gli attaccamenti sono rapporti d’estrema importanza che sostengono la sensazione di continua sicurezza e stabilità emotiva...quindi ciò che abbiamo ricevuto da bambini, si rispecchierà nelle nostre relazioni adulte...l’attaccamento infantile e adulto sono dotati di identiche caratteristiche.
    Va da sè che ciò che OGGI rappresentiamo per i nostri figli, ciò che OGGI diamo ai nostri figli, si ripercuoterà sul loro FUTURO.

    Invito tutt@ a leggere questo articolo e a rifletterci su insieme a noi, al fine di conoscersi meglio, di esplorare il proprio vivere e di essere genitori...

    Buona lettura!

    mercoledì 29 gennaio 2014

    Il Mondo Attraverso i suoi Occhi: Uno-Due Mesi

    Immaginiamo per un momento che nulla di ciò che ci circonda abbia un nome o una funzione, e che pochissime cose siano collegate ad un ricordo. Un bambino percepisce gli oggetti che lo circondano e gli eventi che accadono essenzialmente sotto forma di sensazioni che questi fanno scaturire in lui. Se la mamma lo chiama "amore", lui non sa che quella parola si riferisce a lui, nè tantomeno quale sia il suo significato, non la distingue nemmeno come suono, differenziandolo per esempio da una carezza, ma coglie invece perfettamente il modo in cui quel suono "fluttua" su di lui, ne riconosce cioè la "qualità emotiva", che può tranquillizzarlo, avvolgendolo dolcemente oppure eccitarlo, ridestare il suo interesse. Anche noi adulti abbiamo la capacità di cogliere la qualità emotiva di un'esperienza, ma il più delle volte non ci facciamo caso, mentre l'attenzione di un bambino nei primi mesi è focalizzata esclusivamente su di essa.
    Per un neonato, anche la distinzione fra interno ed esterno non è affatto definita: egli non è in grado di comprendere quale sensazione nasce dentro di lui (come per esempio la fame) e quale invece è scatenata da un'evento esterno. Allo stesso modo, il bambino non distingue tra sè stesso e gli altri, in particolare la mamma viene vissuta come una parte di lui, solo in un secondo momento inizierà a rendersi conto che lui e la mamma sono due persone distinte, e questo provocherà frustrazione.
    Daniel Stern descrive in modo davvero affascinante il modo in cui il neonato percepisce il mondo che lo circonda, e vorrei condividere con voi un pezzo del suo libro Diario di un Bambino, in cui cerca di rendere l'idea di quello che un neonato prova quando ha fame. Credo possa essere molto utile per una neomamma avere un'idea di ciò che il suo bambino prova quando piange disperato per la fame, quando sembra addirittura che provi dolore. Per noi adulti è molto difficile immaginare che la fame possa causare una sensazione così intensa da provocare addirittura dolore, eppure per il neonato è proprio così e se consideriamo quanto detto sopra a proposito dell'impossibilità di distinguere tra interno ed esterno e di dare un significato alle sensazioni, possiamo ben immaginare quanto l'esperienza della fame sia per un neonato qualcosa di sconvolgente, qualcosa che investe il sistema nervoso del bambino come una tempesta improvvisa, portandovi il caos e provocando una temporanea disorganizzazione dell'esperienza e del comportamento.
    Ma ora ecco le parole di Stern:

    Una tempesta minacciosa. La luce prende un bagliore metallico. Il corteo delle nubi nel cielo si spacca. Pezzi di cielo volano in tutte le direzioni. Il vento rinforza, silenzioso. Si odono dei fruscii, ma non c'è movimento. Il vento e i suoi suoni hanno preso strade diverse. Ciascuno rincorre il compagno perduto con scatti e balzi improvvisi. Il mondo sembra disintegrarsi. Sta per succedere qualcosa. Il disagio aumenta. Si espande dal centro e si trasforma in dolore. E' al centro che la tempesta si scatena. E' nel nucleo profondo che guadagna forza, fino a trasformarsi in ondate pulsanti. Queste ondate sospingono fuori il dolore per poi ritrarlo. Il vento, i suoni e i pezzi di cielo sono risucchiati al centro. Là si ritrovano, finalmente riuniti. Solo per essere rigettati lontano e poi risucchiati di nuovo, a formare l'ondata successiva, più forte e più nera. La marea pulsante cresce fino a dominare l'intero universo. Il mondo ulula. Tutto esplode e si sparpaglia per poi riunirsi e precipitarsi all'indietro, verso quel nodo di angoscia che sembra sempre sul punto di spezzarsi, ma che non si spezza mai.

    Daniel Stern, Diario di un Bambino, Oscar Saggi Mondadori.

    Il sonno del bambino....dai sette mesi in poi...

    Qui, ho parlato del sonno del bambino dalla nascita ai sei mesi....
    Ora, parlo del seguito!

    Le ore trascorse da sveglio aumentano, con la crescita del bimbo...è normale....si esplora il mondo, si ricevono continui stimoli...insomma, mamma, sono curioso! E piano piano, imparando a stare seduto prima, a gattonare poi....mi diverto a giocare!!!

    Dai sette mesi circa, dunque, ho gradualmente iniziato a non favorire il suo riaddormentamento dopo la prima poppata del mattino, quindi, verso le 8...cambio e via, a giocare!!! Basta lettino....

    Inizialmente, non gradiva molto...poi si è abituato. Crollava verso le 11, per fare il suo pisolino pre-pranzo...di circa mezz'ora. Giusto....

    Dopo il pranzo, poi, vuoi complice la digestione, vuoi la necessità di recuperare il sonno perso al mattino, verso le 14,00...nanna di nuovo! E questa volta, abbastanza lunga...anche di un'ora e mezza, due.
    Bellissimo! Utile anche per me.....per rilassarmi e per svolgere varie faccende.

    Andando al nido poi (l'ho iscritto a 8 mesi), questo ritmo si è consolidato.
    Sveglia prestissimo, verso le 6,30 (si lavora gente.........si lavora, purtroppo o per fortuna!), colazione, nido! Quì, dormiva dalle 10,30 alle 11,30, poi pranzava e finalmente, la adorata (e necessaria) nanna pomeridiana....in penombra ed in silenzio (per quanto sia possibile in un asilo nido...) dalle 13 alle 15,30!
    Poi, talvolta un altro sonnellino verso le 18.......DORMIGLIONE!

    Ora Bubu è cresciuto.....ma esclusi il sonno mattutino e quello del tardo pomeriggio, adesso che ha 15 mesi, il ritmo è praticamente lo stesso....
    Levataccia alle 6,30, colazione, nido...attività varie....pranzo alle 11,45, nanna dalle 13 alle 16 (WOW).....merenda, gioco gioco gioco...cena alle 19,15 e nanna alle 21!!!

    ...e nanna beata fino al mattino!!!

    Che altro dire?
    Che per i bambini la regolarità dei ritmi è una cosa fondamentale?
    Che il sonnellino pomeridiano è indispensabile all’equilibrio di ogni bambino perché serve a recuperare le energie?
    Che durante il sonno si apprendono e si rielaborano le cose vissute durante la veglia? Il sonno è il cibo della mente.

    L’unica accortezza valida per tutti è quella di non far addormentare il piccolo dopo le 16,00, ma fare iniziare presto il riposo, sfruttando il momento di stanchezza che il bimbo avverte subito dopo pranzo....così non si ritarda la cena e si esclude il rischio che non avverta sonno la sera...o peggio che si svegli nel cuore della notte!!!

    .....fino ai 3 anni circa, per fortuna, godiamo di questa pausa anche noi genitori....poi...fisiologicamente, il bambino abbandonerà questa abitudine...per crescere crescere crescere!!!!




    martedì 28 gennaio 2014

    I bambini vedono. I bambini fanno.

    ....i bambini, fanno quello che vedono.
    Cerchiamo di essere un valido esempio per i nostri figli, per i bambini che ci corcondano....per gli adulti del futuro.
    Possiamo sempre migliorare ed insegnare loro un buon modo di vivere....