giovedì 21 gennaio 2016

Regole, disciplina e punizioni...con Amore

Innanzi tutto, mi preme specificare che non credo e nemmeno ambisco a diventare "il genitore perfetto".
Sono un essere umano, con debolezze e limiti, quindi, tra la perfezione (irreale) e l'affidabilità (vera), sceglierò sempre la seconda.
Fatta questa doverosa premessa, tutti sappiamo quanto siano giusti anche alcuni NO a livello educativo...quanto siano, anche questi, atti d'amore e giustizia verso i nostri bambini....e quanto sia difficile affermarli con coerenza e fermezza.

Talvolta, sembra che l'unica cosa che ci rimanga sia la reazione fisica. Lo ammetto, qualche sculacciata "simbolica" l'ho assestata...e anche qualche schiaffo sulle mani...senza per altro sentirmi così soddisfatta o vincente, dopo, anzi.
Certamente, ricevere un colpo fisico è offensivo e paralizzante per il bambino...ma, ammettiamolo, poco efficace. E' un momento traumatico, che spesso reprime un'azione errata o esasperante del bambino, ma inutile al fissare in lui un insegnamento.
Oltre al fatto che per me rappresenti una sconfitta, poiché è uno strumento facile a cui ricorrere, sbrigativo ed alquanto limitato...sono convinta che sappiamo e possiamo fare di meglio! Possibile che non abbiamo altri argomenti? Possibile che quei piccoli mostriciattoli siano più forti di noi e sappiano stimolarci reazioni fisiche e non mediate dalla nostra conoscenza e dalla nostra esperienza di vita?

Intendiamo, per caso, che nostro figlio impari che i problemi si risolvono con la forza fisica?

Talvolta siamo troppo stanchi e troppo nervosi per reperire energie a sufficienza per attuare strategie razionali, lo so. Infatti, le poche volte che ho ricorso alle mani, erano momenti difficili, di stress e stanchezza. Nervi a fior di pelle, poca tolleranza al problema, e sbam! Sculacciata o urlo tonante!
Ma riflettiamo. Se noi siamo stressati e nervosi, possiamo sfogarci sul bambino? Non è meglio capire (e risolvere) che cos'è a renderci così suscettibili e rabbiosi?
Gli adulti siamo noi...ed il bambino, come detto altrove (tag: educazione), ha bisogno di vedere in noi un punto di riferimento, non una persona in preda ad una crisi di nervi.
Insieme alle sberle, metto anche le sfuriate isteriche, gli strattonamenti esagerati, le umiliazioni verbali...lo specifico.
Quando proprio non ne possiamo più, credo sia meglio allontanarsi e, che so, chiudersi in bagno a "cristonare" un momento, sfogarsi con un pianto, prendere a pugni i cuscini....piuttosto che riversare la nostra frustrazione e la nostra impotenza sul bambino.

Ma ricordiamoci sempre di una cosa: siamo esseri umani fallibili e fallaci. Non sempre è facile comprendere i comportamenti dei bambini...i loro reali bisogni...chi si ricorda, non siamo bambini da tanto tempo ormai! 
Quindi, se crediamo di aver esagerato...possiamo chiedere scusa a nostro figlio, non è vietato!





Credo saremo tutti d'accordo nell'affermare che non sia la forza repressiva a generare il rispetto delle regole e l'educazione.
Penso ci riescano meglio la competenza (dal latino: cum- con e petere dirigersi, andare con / insieme). Si può considerare la competenza un far convergere in un medesimo punto, un mirare ad un obiettivo comune, un incontrarsi, un gareggiare con fini migliorativi. Colui che è competente, ovvero colui che ha autorità in un certo ambito, è responsabile, autorizzato, qualificato e quindi abilitato ad agire secondo criteri riconosciuti e coerenti con i valori di un gruppo (famiglia);
la consapevolezza (derivato dal verbo consapere, composto da con- e sapere) denota un fenomeno estremamente intimo e di importanza cardinale. Non è un semplice sapere, bensì una condizione in cui la cognizione di qualcosa si fa interiore, profonda, perfettamente armonizzata col resto della persona, dando forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina, rendendole autentiche. La consapevolezza non si può inculcare: in quanto sapere identitario, capace di elevare una persona al di sopra dell'ignoranza, si trasmette con la condotta individuale perpetua. Chi è consapevole non subisce ma può affrontare e rielaborare. Consapevolezze condivise rendono possibile un agire comune;
la comprensione (dal latino: composto di cum- con e prehendere prendere, prendere con). Un contenere che è un includere, un capire che è afferrare e riorganizzare ogni assetto precedente. Comprendere fa sì che la nostra mente acquisisca il peso massimo che può avere e ciò che si comprende si fa proprio, diventa mattone per costruirsi. E la connotazione etimologica ci sottolinea che questo avviene sempre con un mezzo ben preciso - ora l'intelletto, ora il cuore, ora un abbraccio;
e la compassione (dal latino: cum- insieme e patior sofferenza, soffrire insieme). Nei secoli, la parola acquisisce una connotazione quasi dispregiativa, legata alla pietà, alla pena, ma il suo significato originale è nobile e ampio. La compassione è la partecipazione alla sofferenza dell'altro, non un sentimento che va dall'alto in basso, ma a pari livello. E' una comunione intima e profonda, manifestazione di un tipo di amore incondizionato che fa della comunione un fondamento, sia questa in caso di sofferenza, ma anche di gioia vitale, e di entusiasmo.

Noi genitori, dovremmo allenarci a sviluppare queste capacità, questi "poteri magici"!
E se, come spesso accade, è necessario rimproverare nostro figlio, facciamolo in modo corretto e fermo.
CHE COSA ha fatto di sbagliato e che cosa ha causato? "Hai tirato i capelli a tuo fratello e gli hai fatto male".
CAPIAMO le sue motivazioni, ma non per questo le approviamo. “So che non vuoi che usi i tuoi giochi..." - lui si sente compreso, ma il suo comportamento non è comunque quello giusto "...ma non devi fargli la bibi".
SPIEGHIAMO le conseguenze precise del gesto scorretto "Se lo fai ancora, tuo fratello non vorrà più giocare con te".
RIBADIAMO i suoi pregi "Sei stato gentile e divertente fino ad ora..." e DISTRAIAMOLO con una via d'uscita "..se ora sei molto arrabbiato, anzichè tirare i capelli a tuo fratello, puoi sfogarti con il cuscino o soffiare via la rabbia..."

Il rimprovero poi, non deve durare un'eternità. Gerard E. Nelson, psichiatra infantile americano, ha messo a punto “la sgridata da un minuto”: un messaggio di disapprovazione inequivocabile attuato in disparte, toccando o tenendo in braccio il bambino, sino a quando questi non mostra una qualche reazione: una lacrima, un' espressione triste del volto, il labbro tremante...seguito da una fase di rassicurante tenerezza.
All' inizio può risultare difficile, in quanto il genitore, ancora furioso, deve cominciare a rassicurare il bambino e fargli capire che nonostante la marachella, è capace di migliorare...ma pare funzionare. Lui non si isola o non perde concentrazione e dopo un momento di angoscia e rifiuto, sente comunque la presenza affettiva del genitore....quindi, assimila.

E se, come succede molto spesso, un attimo dopo il bambino ci smentisce e torna a pestare il fratello? Ripetiamo tutto da capo, cercando di ricordarci che anche se glielo abbiamo detto mille volte, le regole non fanno parte dei comportamenti innati, ma necessitano di apprendimento, di tempo...


Ora vi lascio a riflettere, in compagnia di una filastrocca tratta dal libro Nella pancia del papà, di Alberto Pellai (Franco Angeli Editore).


Lo schiaffo è una bomba che scoppia in faccia
fa sì che un bambino per sempre taccia.

Fa male alla pelle ma ancor di più
mi affoga nell’ansia e non vengo più su.

Se credi che per riuscire a calmarmi
lo schiaffo ti serve e può fermarmi,
ti dico che invece uno schiaffo è una bomba
che spinge noi bimbi a un silenzio di tomba.

Così non potremo mai più raccontare
che cosa ci aveva fatto arrabbiare.

A volte un capriccio vuol farti capire
che provo qualcosa che non riesco a dire.

Ho poche parole e molti pensieri
per dirti che anch’io ho momenti neri.

Se provo paura, ho il cuore in subbuglioc
a volte qualcosa ti dico e farfuglio, 
ma spesso è più facile per un bambino
star zitto e fare il birichino.

Lo so che non devo farti arrabbiare,
ma a volte non mi so proprio fermare.

Tu mettimi allora in castigo e se puoi,
non darmi mai schiaffi è il patto fra noi.



Fonti:
http://unaparolaalgiorno.it/
http://archiviostorico.corriere.it/1994/gennaio/17/sfuriata_scientifica_co_0_940117168.shtml