Il momento dell’inserimento al nido può essere difficile, in particolare per noi genitori.
Si tratta del primo serio distacco del bimbo dalla mamma, e del suo
primo ingresso in una comunità, contraddistinta da ritmi e regole a
volte molto diversi da quelli sperimentati in famiglia.
Personalmente ho avuto due esperienze di inserimento completamente diverse,
e direi quasi opposte. Cinque anni fa, quando fu il turno delle mie
gemelle, l’inserimento fu molto tranquillo, non ricordo che le piccole
abbiano pianto o si siano disperate, dopo pochi giorni erano felicemente
integrate nella nuova realtà del nido, insomma tutto andò liscio come
l’olio.
L’anno scorso toccava invece alla più
piccola fare il suo ingresso in comunità, più o meno alla stessa età in
cui avevano iniziato le sue sorelle. Memore della bella esperienza con
loro mi sono avvicinata al momento del distacco sicura che anche con lei
le cose sarebbero andate nello stesso modo. Ma così non è stato. I
primi giorni, in cui anche io ero presente al nido, le cose
sembravano andare bene, ma appena si è trattato di lasciarla anche solo
per un’ora, sono iniziati i pianti disperati ed io, completamente
impreparata a questa reazione, sono andata in crisi.
Ricordo che la sentivo piangere fin dalla strada fuori dall’asilo, urla strazianti che mi facevano sentire in colpa: in
fin dei conti non mi aveva chiesto lei di portarla lì, che diritto
avevo di decidere per lei, insomma tanti pensieri dettati dall’angoscia
che le sue grida generavano in me.
Dentro di me c’era un conflitto. Sono
profondamente convinta della grande opportunità che l’asilo nido
rappresenti per i bimbi, credo che sia un’esperienza fondamentale per
gettare le basi della loro convivenza sociale, oltre che uno spazio in
cui possono sperimentare le proprie capacità ed essere enormemente
arricchiti sia in termini di apprendimento di competenze, che a livello emotivo e relazionale.
Non ho dubbi su questo. Eppure ero tremendamente angosciata e avrei
avuto voglia di tornare indietro, riprendermela e tornare a casa.
Cosa stava succedendo?
Riflettendo sul mio stato d’animo, mi sono resa conto che in realtà la mia esperienza di mamma con la mia piccola è stata completamente diversa da quella avuta con le gemelle, fin dall’inizio. Le gemelle sono nate con un taglio cesareo,
il legame con loro non è stato immediato, come spesso succede in questi
casi, ma si è creato col tempo, imparando pian piano a conoscerci a
vicenda.
Per questioni organizzative, ho condiviso fin da subito l’accudimento delle bimbe con mio marito e con i miei genitori, quindi le gemelle hanno sperimentato fin da subito momenti di distacco da me
ed erano abituate alla presenza di altre persone nella loro
quotidianità. In ultimo, ma non come importanza, erano in due, fin
dall’inizio, hanno sempre condiviso ogni cosa, a partire dal nutrimento
nel mio pancione.
La piccolina di casa, invece, è nata con un meraviglioso parto naturale,
fortemente desiderato, è stata subito attaccata al seno ed è sempre
stata a contatto con me durante la permanenza in ospedale; in seguito,
molto raramente la sua gestione è stata affidata ad altre persone.
Considerando questo, come poteva la sua
esperienza di inserimento essere uguale a quella delle sorelle? Mi sono
resa conto che la sua reazione era comprensibile, e che se mi avesse
sentita tranquilla nel momento del distacco forse avrebbe potuto
affrontarlo più serenamente anche lei.
Quando si tratta di staccarsi
dal proprio bambino, solitamente sono i genitori (e le mamme in
particolare) a sperimentare sentimenti di ansia, senso di colpa,
inadeguatezza. I bambini, specialmente quando si è instaurato
con la mamma un legame particolarmente forte e viscerale, avvertono
immediatamente l’agitazione del genitore e questa li spaventa
moltissimo, al timore di trovarsi in un ambiente sconosciuto in cui
tutto è molto diverso dalla vita in famiglia si aggiunge il timore di
essere abbandonati, che la mamma non torni più.
Ecco quindi alcuni accorgimenti che possono aiutare a rendere il momento del distacco meno traumatico:
- Avere fiducia nelle persone a cui si è deciso di affrontare il bambino: se la fiducia manca, il piccolo lo avvertirà e non vorrà lasciare la sua mamma;
- Nonostante l’eventuale presenza di impegni lavorativi che impongono alla mamma di affrettarsi, ritagliare sempre un momento in cui salutare il bambino, senza dilungarsi troppo, ma trasmettendogli affetto e la convinzione che starà bene all’asilo finché la mamma non tornerà a prenderlo;
- Una volta lasciato il bimbo all’educatrice di riferimento, andare via senza ripensamenti: tornare indietro e riprenderlo in braccio cercando di consolarlo gli trasmette insicurezza e rafforza il suo timore di non poter star bene all’asilo;
- Non dire bugie al bambino tipo “torno presto, vado a parcheggiare e vengo” o cose del genere, ma raccontargli sempre la verità, cioè che la mamma deve andare a lavorare, ma che tornerà a prenderlo quando avrà finito;
- Una volta a casa, domandare che cosa ha fatto e sottolineare i momenti positivi della sua permanenza al nido, il divertimento e tutte le cose belle che ha potuto fare lì.
Dopo un primo periodo di crisi in cui vi
verrà voglia di ritornare sui vostri passi e cancellare per sempre
dalla vostra mente l’idea di mandarlo al nido, accadrà che un giorno
arriverete a prenderlo e avrete l’occasione di vederlo prima che lui si
accorga del vostro arrivo. Lo vedrete sereno, giocare e divertirsi con
gli altri bimbi e in quel momento saprete che avete fatto la scelta giusta per lui.
Senza dubbio frequentare il nido sarà
per il vostro bambino un’esperienza preziosa, che lo aiuterà a diventare
più autonomo e sicuro. Nulla di paragonabile allo stare coi nonni, con
una baby sitter e….sì, nemmeno dello stare con voi!
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